Se già il “ritorno” sulle scene degli Arab Strap con “As Days Get Dark” del 2021 era stato salutato con entusiasmo, vista l’alta qualità delle canzoni che conteneva, questo secondo atto del duo scozzese spinge ancora di più verso l’alto una carriera ben più che brillante, iniziata 28 anni fa e costellata di dischi pregevoli che raramente hanno mostrato cadute di tono.
Per farlo Aidan Moffat e Malcolm Middleton, hanno scelto di mostrarsi in una chiave sonora decisamente diversa, quasi da sembrare un’altra cosa rispetto al passato, pur restando fedele nel continuare ad osservare e raccontare la società contemporanea seppure da una prospettiva più adulta rispetto agli esordi.
”I’m totally fine with it 👍don’t give a fuck anymore 👍” con tanto di emoji inserite nella grafica del titolo, è una sorta di concept album in cui Moffat scandaglia senza fare sconti, la società moderna alle prese con i social, le relazioni virtuali ed i conseguenti condizionamenti che ciascuno di noi subisce nel frequentarle e farsi condizionare da essi.
Come sempre Moffat ne trae una sintesi estremamente poetica sia quando tratta il tema con durezza come nel brano d’apertura “Allatonceness”, che volutamente cerca di mettere in crisi quelle priorità sbagliate che caratterizzano le guerre culturali online con il distico “Hanno la vostra attenzione, fanboy antagonisti / Mentre stupratori e nazisti vendono merchandising“. E ancora: “Si prendono la tua attenzione… E non te la restituiranno. Si prendono la tua attenzione e odiano, odiano proprio tanto Disney. Si prendono la tua attenzione… E mi sa che mi piace così”. Come sempre il testo è recitato in prima persona per caricarne gli aspetti drammatici usando dei toni cupi, mentre la musica orchestrata da Middelton viaggia su un selvaggio post rock carico di chitarre che alimentano il senso d’angoscia, con la ritmica marcata in stile Idles. Subito dopo il suono cambia decisamente accentuando la componente elettronica del disco con il singolo “Bliss” con la sua dance psicotica che serve alla perfezione il tappeto sonoro ad un branco che tratta il tema dell’amore tossico e della violenza.
“Sociometer Blues” è un’altra feroce critica al mondo dei social media e della nostra dipendenza da essi recitando causticamente: “I vostri pensieri e le vostre opinioni non sono vostri“.
In seguito, il disco cerca di ammorbidirsi trattando il sempre eterno tema dell’amore in brani come “Hide Your Fires” e nella dolorosa “You’re Not There” in cui il protagonista non si rassegna all’amore perduto continuando a madarle messaggi che non verrano mai letti: “Non chiedermi perché ti mando ancora queste parole / In realtà, chiedi pure – per favore, fallo“.
Non manca un riferimento doloroso ai tempi del Covid nel racconto “Safe & Well“, tratto da un fatto di cronaca realmente accaduto di una persona anziana che muore sola ed il cui decesso viene scoperto dopo diverso tempo e da cui Moffat trae spunto per raccontare la perdita della vita del narratore, solitaria, inosservata e non celebrata, è descritta in maniera ossessionante e devastante, su di un tappeto sonoro fatto di delicati arpeggi di chitarra acustica.
“Turn Off the Light” chiude alla perfezione l’album e ne fissa il carattere concept con il narratore che sembra radicalizzato, deformato dalla sua nuova “comunità” e integrato in essa- “Chi ha bisogno della famiglia, chi degli amici? / Perché essere compiacenti e deboli? / Ho trovato la mia gente ora, non ci piegheremo / Non porgeremo l’altra guancia“.
Ecco allora che di “I’m totally fine with it 👍don’t give a fuck anymore 👍” si può parlare di un disco perfettamente riuscito che può essere annoverato come il suo predecessore come uno dei migliori episodi della discografia degli Arab Strap in linea con questa nuova fase della carriera, così come è avvenuto anche in altre band che in tempi recenti hanno fatto lo stesso percorso: The Dream Syndicate, Ride, Slowdive, Sleater-Kinney, Go-Betweens, tutti artisti che hanno saputo tracciare una fase della loro carriera mostrando, seppure in maniera diversa, la stessa credibilità ottenuta ai tempi dei loro esordi e dei dischi più celebrati, evitando di diventare stanche proposizioni di ciò che i fan di vecchia data potessero aspettarsi.
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Ph. credit Kat Gollack
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