Non si sa se il titolo vuole essere, rispetto al contenuto dell’album, una provocazione o una autoconsapevolezza.
Sta di fatto che dopo gli esordi con l’album omonimo e con Digital Shades (ancora prove intercorso per la ricerca del sound che li avrebbe contraddistinti), e dopo la rivelazione mondiale con Before the Dawn Heals Us e Saturdays=Youth, e infine dopo il trionfo globale con il capolavoro assoluto Hurry Up We’re Dreamin’ (il singolo Midnight City, disco di platino e successo globale, è stato nominato ai Grammy awards, e poi sono seguiti due anni di tour trionfali) gli M83, alias Anthony Gonzalez, hanno fatto uscire il tanto atteso nuovo album, che dopo il trionfo doveva essere la conferma e la consacrazione, e al primo ascolto invece si rivela… spazzatura, appunto.
Gonzalez – l’architetto musicale di M83, il cantautore, il front man e la voce tutto in uno – di quest’album racconta: “voglio far vedere vari aspetti di me in questo album. Voglio tornare con qualcosa di più intimo e allo stesso tempo meno incentrato su di me! Tutti i miei album sono eclettici, ma questa volta ho voluto spaziare ancora di più”.
E questo è certamente vero: fino ad ora gli M83 avevano spaziato dallo sperimentale elettronico al post-rock trovando la quadra con un sound epico-elettrico in Hurry Up We’re Dreamin (basti pensare a canzoni come Outro o Wait, dove toccano vertici pinkfloydiani), alternando generi in modo provocatorio e nostalgico – dallo shoegaze all’ambient fino al synth pop e alt-rock anni 90 – mentre in Junk Gonzalez sembra volersi divertire a scimmiottare la disco dance anni ’70 e il pop patinato dei primi anni ’80.
Del titolo Gonzalez così riferisce: “Tutto ciò che creiamo oggi a un certo punto diventerà spazzatura spaziale e lo trovo affascinante e spaventoso allo stesso tempo. Ho questa immagine di pezzi di umanità che galleggiano nello spazio, persi per sempre. Significa che al giorno d’oggi tutto va talmente veloce che la gente finisce per buttare via l’arte. La gente ormai ascolta un album per capire quale traccia mettere in una playlist. Non si prende il tempo di ascoltare tutto un disco perché deve passare ad altro”.
Ma chi ascolta il disco tutto per intero, e anche più di una volta, non può non lasciarsi andare a una sensazione di delusione come poche nella vita: non c’è melodia, non c’è epica, non c’è quel suono assurdo e spaziale che ha fin qui contraddistinto gli M83 e aveva portato chiunque ascoltasse al buio Kim and Jessie o We Own the Sky o Reunion o Claudia Lewis, (e l’elenco potrebbe continuare a lungo) a sognare mondi infiniti, non c’è quella voce suadente che sembra provenire dallo spazio profondo (gli M83 prendono il nome appunto da una galassia lontana lontana..), insomma non c’è nulla degli M83.
C’è solo disco music, come nel singolo Do It Try It, o in Go!, scimmiottamento apparentemente voluto e provocatorio di hit del passato come Illusion (in Bibi the Dog) o degli Wham di George Michael (Walkaway Blues) o pop patinato fine anni ’70 (Moon Crystal) e al massimo un paio di ballate d’atmosfera lente da paura tanto che sono quasi musica da camera (For the Kids e Solitude). Si intravede, ma appena appena, qualcosa degli M83 in The Wizard, ma è un pezzo strumentale di soli 3 minuti, o in Laser Gun e Road Blaster, che pur nell’impostazione disco-music sembrano voler cominciare a ragionare di M83. Ma entrambe, che qui sono i pezzi migliori, sarebbero un riempitivo da immediato skip in un qualsiasi album precedente.
Antlantique Sud e Time Wind sono finalmente due autentici pezzi targati M83, ma con loro siamo già alle track 12 e 13, ovvero l’album è praticamente finito.
A questo punto della loro carriera, ci stava anche che pubblicassero un album di inediti, di lati B, di scarti di registrazione, e Junk era veramente il titolo adatto, e il suo contenuto sarebbe stato se non gradito almeno compreso. Invece Gonzalez e soci sembrano fare sul serio, sembrano crederci davvero in questo disco, tanto da aver dato vita a un tour mondiale da paura, che ad aprile sarà in America, incluso il Coachella ed il The Governor’s Ball a NYC, mentre a maggio saranno in Asia, e questa estate in agosto pieno in Europa con una data già annunciata a Torino peraltro, al Todays Festival del 26 agosto.
Imbarazzante solo pensare alle esecuzioni live di questi pezzi, ma chissà che i comunque talentuosi M83 non ci sorprendano ancora una volta e facciano acquisire durante le esibizioni live nuova vita a queste prove di imitazione ironica che sono la maggior parte delle tracce di questo disco, sul quale i fan della band più sorprendente degli ultimi anni avranno per molto tempo molto da dire.
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autore: Francesco Postiglione