L’Inghilterra dei The Drink e quella dei nebbioni mitigati da scie psichedeliche a loro volta tagliate su misura da un indie-pop smilzo, melodico e atonale, una orchestrazione vocale/strumentale che riporta alla mente taluni Sun Kill Moon, Throwing Muses e che – se lasciata scorrazzare liberamente sullo stereo – fa cuor leggero e predisposizione a lasciarsi andare ad evoluzioni mentali.
La bella timbrica di Dearbhla Minogue gestisce tutto l’andazzo, dodici brani che si trasformano nell’ascolto al pari di una dichiarazione d’intenti, quella di imparare ad apprezzare la nuova musica inglese, quella distillata dalle scorie, contrasti, ibridazioni e – perché no – sperimentazioni della musica di “sopra” e finalmente slegarla dai clichè ottusi di certa – ed è molta – conservatoria main, e loro – i The Drink – lo dimostrano efficacemente con questo Company, un registrato del quale – se stiamo parlandone – di sicuro qualcosa di valido lo tiene.
Una proposta sonora che si fa rispettare, il climax corale mid-stordito (Bantamweight), l’evanescenza ritmata di Dead ringers, la bella linea di basso che scorre neri ricordi dei Cocteau Twins (Wicklow) o le fragranze etniche diffuse da Beasts are sleeping sono le credenziali maiuscole di un disco buono, uno di quei contributi alla causa underground di livello che spicca ed ingigantisce le speranze di un nuovo “mondo di suoni e verbi” ancora tutto da scoprire Haunted place.
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autore: Max Sannella