Se adorate il fragore acustico di chitarre battenti, cordame sbavato che gratta l’anima, odore di poetry corner selvaggio tra i Flor e le visioni sdoppiate dei Pan Del Diavolo, allora i veronesi Smako Acustico sono la band che fa per voi. Dodici trattamenti sonori, dodici ballate incendiarie che emettono il calore ruggente della “strada” intesa come donna e amante della vita, una disco dal calor bianco acustico che, nella sua dimensionale armonia grezza, slabbra l’indie folk al pari di uno stupro programmato.
Blues, folky stomp, incroci vocali e stimoli cantautorali sono le radici del trio, una formula che ricalca a puntino lo sfoggio sopraffino che si va ad ascoltare, orizzonti immaginari ed allargati che si perdono su territori indefiniti, sogni e intarsi strumentali che si uniscono per colmare una realtà che avanza a falcate e della quale non ce ne libereremo facilmente; se è vero che tutti abbiamo un blues da piangere e che la musica non è altro che la grancassa dell’esistenza, qui dentro c’è tutto l’occorrente per ritmare “a secco” ogni istante vitale che abbiamo in dotazione e non è infatuazione credete, e verità allo stato solido.
Chitarre dicevamo che dettano legge e ritmi/voci che ricamano intorno nel nome dell’indipendenza artistica, il funk epilettico “Pluto l’atomico”, “Majakovsky”, l’oscuro pop solitario “Noir”, uno squarcio improvviso sugli anni Finardiani dei Sessanta corali “Marvin” e quel pizzico di maledizione Mississippiana che schizza e massaggia mistica l’orecchio “Batte Boti” sono solo assaggi insaziabili di un disco che arriva come uno schiaffo a cinque dita in piena faccia, impensato, inatteso, mai calcolato, e che ti lascia le sue storie in circolo per confonderti, per straniarti magicamente. Della serie: Disco DOC!
Ascolto in streaming del singolo “Majakovskij”: clicca qui
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autore: Max Sannella