Nelle sale, finalmente, il docufilm Biutiful Cauntri del trio Calabria/D’Ambrosio/Ruggiero
“I poveri non ci faranno dormire” suggeriva in un pamphlet padre Alex Zanotelli. E i contadini dell’hinterland campano non ci faranno stare affatto tranquilli, postillano tra le righe, ora, i tre capitani coraggiosi di “Biutiful cauntri”. Ovvero, Esmeralda Calabria, montatrice d’alto bordo (“Romanzo criminale”, “Il caimano”, ecc.) e ora regista, Andrea D’Ambrosio, videomaker, e Peppe Ruggiero prestato al cinema da militante ambientalista.
Al sottoscritto è capitato, una domenica, di vedere il documentario in sala e, quasi di seguito, un puntata di Report in tv. Oggetto simile: l’inquinamento tossico dovuto soprattutto all’azione delle ecomafie della provincia napoletana, vedi Acerra, e casertana. Simile qualità digitale delle immagini. Ecco: Biutiful cauntri (scritto in inglese maccheronico perché qua niente è a norma) sembra nei fatti un’inchiesta di Report ma senza il giornalista che fa domande. I protagonisti (contadini, pastori postmoderni, ecologisti sull’orlo di una crisi di nervi) descrivono un mondo allucinante e la videocamera, zitta e clinica, non fa che inquadrare le loro maledizioni ed elevarle a dimensione epica. Poi, pezzo forte, si ascoltano le intercettazioni degli imprenditori del Nord che preparano al telefono il viaggetto ai propri veleni industriali in terra campana.
Inchiesta su grande e piccolo schermo: due modi per scoperchiare lo schifo, per iniziare una via Crucis, con l’operatore comunque in pericolo di botte. Alla fluida e documentatissima analisi del reportage televisivo, il docu-film Biutiful cauntri sottrae dichiarazioni dirette e contraddittori arrivando con la spiazzante potenza del girato a braccio a seguire fin sulla coda di ovini cadaverici il martirio di personaggi apocalittici da “no fiction”. Il pastore Cannavacciuolo ha la stessa faccia delle sue pecore fluorescenti di diossina. Lui è Aiace, impotente al cospetto delle astuzie dei padroncini del nordest che fanno sversare merda tossica nei suoi campi; l’ambientalista Raffaele Del Giudice, oggi presidente di Legambiente Campania, è Ettore, che lotta col più ottuso Achille della storia, quello ecomafioso (camorra e politica insieme), e vaglielo a trovare il tallone fallace. Convitato di pietra al banchetto degli orrori è il popolo campano, quello di adda passà a nuttata , che subisce frustate col gatto a nove code e, solo adesso, scuote la testa.
Esmeralda Calabria/D’Ambrosio/Ruggiero in fondo hanno saputo ben gestire i contatti sul territorio. Territorio minato, di guerra. E con perizia non si perdono una stilla (quante miniDv avranno consumato?) della rabbia di un generosissimo Raffaele Del Giudice che, volentieri, di fronte allo sfacelo, gradirebbe superpoteri per sconfiggere i supercriminali, invasori della Terra. La nostra.
Autore: Alessandro Chetta