Eccoci qui a parlare di un nuovo disco di Bob Mould. A tre anni dall’ottimo “Patch the sky” l’ex Hüsker Dü sforna un altro lavoro di ottima fattura. Forse un po’ meno entusiasmante del precedente, comunque di elevatissimo livello. Gli anni passano, si avvicina ai sessant’anni, ma la verve e la carica punk-rock non lo hanno minimamente abbandonato. La formula, infatti, è sempre quella di un trascinante punk con qualche venatura pop e di tanto in tanto delle ballate rock. Si intravedono dei richiami al “gruppo madre”, ma niente di invadente, perché il suo approccio è ormai quello di un consolidato rock tirato e all’occorrenza molto veloce che rallenta giusto un attimo prima di diventare hardcore. Tra i pezzi che rientrano più strettamente in questa tipologia troviamo l’aggressiva “Thirty dozen roses”, le tirate “I fought” e “Sin king” e la carica incessante “Send me a postcard”. I brani in cui Mould strizza l’occhio al pop sono la cavalcata “Sunny love song”, “Irrational poison”, un rock melodico con spunti punk e la title-track. Discorso a parte meritano le ballate come “The finale years”, “Camp sunshine” e soprattutto “Western sunset” dove si intravedono elementi melodici dello Springsteen della seconda metà degli anni zero, aperta e con un forte richiamo alla tradizione californiana. Tanto per intenderci ho già preso in considerazione l’idea di inserire questo disco nella mia playlist del 2019.
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autore: Vittorio Lannutti