Quando è arrivata la “leva cantautorale degli anni Zero”, Ettore Giuradei era qui già da un po’, e calcava palchi importanti come il Premio De Andrè, il Tenco e il Ciampi. Ora, però spunta fuori che i Giuradei erano due, dietro i tre dischi pubblicati: Ettore e Marco, e intanto sono diventati un gruppo, dando alle stampe questo disco omonimo che mostra una differenza fondamentale rispetto gli altri dischi della “leva cantautorale” eccetera eccetera.
L’approccio, pur rimanendo nel mondo dell’elettroacustico è molto più studiato e orchestrale, con arrangiamenti attenti a tutta la band e non solo alla chitarra acustica e alla voce che deve comunicare i testi, punto forte del disco e del genere. Di cantautorale è rimasta la scrittura dei brani, mentre tutto il resto è evidentemente opera di gruppo.
Si intravedono varie influenze rilette egregiamente e rese personali, si avverte un’ombra di Vinicio Capossela nell’apertura di Mi Dispiace, che poi sfocia in un noise alla Beatrice Antolini, smentendo e disorientando. Testi disillusi (Sta per arrivare il tempo) sonorità ariose e speranzose ma mai banali.
Il lirismo non ha paura di essere eccessivamente diretto come mostrano Papalagi («Tanti di voi fanno anche i professori e non scopano abbastanza», dal ritornello martellante e tormentante del brano) e La Tristezza, due dei brani migliori del disco che prende una svolta inaspettatamente più leggera in fine tracklist, con questa doppietta di ottime composizioni unita alla dolce Amami a cui va l’arduo compito di chiudere un album complesso ma interessante, che piacerà agli amanti della “nuova leva cantautorale eccetera eccetera”: un tentativo di reinvenzione riuscito, molto riuscito.
www.giuradei.it
www.facebook.com/Giuradei
autore: Marco Mennillo