“Dome La Muerte & The Diggers” (Area Pirata/Go Down), il primo omonimo album della formazione pisana, è stato – almeno per chi scrive – il migliore disco italiano del 2007. Un album che gronda di passione per la migliore tradizione rock: un calderone sonoro in cui convivono perfettamente rock’n’roll, garage e psichedelia.
Non poteva essere altrimenti, visto che il leader della band è uno dei personaggi più carismatici dell’underground tricolore: Dome La Muerte, leader negli anni ’80 prima dei CCM e poi protagonista con quella che a detta di molti è stata la migliore e più internazionale delle nostre formazioni: i leggendari Not Moving.
Dopo parecchi anni di assenza dai palchi, è stata proprio la reunion dei Not Moving a riportare Dome in pista. E a dargli lo spunto per formare i Diggers assieme a Emiliano (già batterista dei Liars, storica garage band pisana), Lady Casanova (ex bassista dei Not Right) e al chitarrista Matteo “Basetta”.
Nel giro di pochi mesi il gruppo ha prima licenziato un bel sette pollici (“Sorry, I’m A Digger”) e poi il primo “full lenght” album che vede la partecipazione di alcuni ospiti di prestigio come Maria Severine (fascinosa ex-tastierista dei Not Moving) e Rudi Protrudi dei Fuzztones.
Ho incontrato Dome in trasferta a Roma per registrare come “special guest” sul disco di un amico di vecchia data: l’occasione si è rivelata perfetta per andare a pranzo assieme e parlare di questa sua nuova intrigante formazione.
Allora, Dome, raccontami come è nato questo nuovo progetto e quanto ha influito la reunion dei Not Moving nella decisione di ritornare “on the road”?
Dome La Muerte & The Diggers sono nati dopo alcuni anni in cui non avevo più una band fissa. Dopo l’ultimo disco dei Not Moving (“Homecomings”, 1996) e l’esperienza con gli Hush, mi sono dedicato principalmente a fare l’ospite in dischi altrui e creare colonne sonore per il cinema e il teatro. Negli ultimi 4-5 anni la mancanza del palco si è fatta sentire e l’input per tornare in azione è stata la reunion dei Not Moving. Riprovando certe sensazioni sul palco, ho deciso che dovevo rimettere in piedi una band con cui convogliare le esperienze musicali maturate in oltre trent’anni di carriera. Negli ultimi anni, tra l’altro, sono stato alla ricerca spasmodica del nuovo, ho sperimentato vie artistiche diverse, anche con l’elettronica. I Diggers mi hanno dato l’occasione di riconciliarmi con il mio passato e di riprendere a suonare rock’n’roll in maniera originale mescolando varie tendenze del r’n’r e del blues.
In effetti il vostro debut-album è un meltin’-pot delle vostre influenze: dal garage alla psichedelia passando per il rock’n’roll più urticante…
Diciamo che questa è una mia fissa da tantissimo tempo, dagli inizi degli anni ’80, quando ho conosciuto gruppi come Cramps e Gun Club che mi hanno insegnato che anche nel ‘rock’n’roll si poteva essere originali mischiando elementi diversi. I Gun Club, ad esempio, sono stati i primi a mescolare generi apparentemente distanti come il blues e il punk e il loro esempio è stato fondamentale. E’ un po’ la strada che abbiamo percorso con i Not Moving vent’anni fa ed è quello che stiamo tentando di fare adesso con i Diggers.
Come sono nate le collaborazioni di questo disco? A parte Maria Severine, con cui il legame è evidente, Rudi Protrudi dei Fuzztones e Mike Fuocos…
Sono nate in maniera molto naturale. In realtà avrei voluto che ci fossero molti più ospiti, amici di altri gruppi della GoDown, o Maurizio Curadi degli Steeplejack che nei miei dischi ha sempre contribuito magari con un’acustica o con una slide… Però poi la distanza da Milano, dove abbiamo registrato, non ha permesso che ciò accadesse. Con Rudi Protrudi ci conosciamo da moltissimo tempo, avevamo suonato assieme ai tempi di Fuzztones e Not Moving e poi nel corso degli anni ci siamo rivisti sui palchi o ai concerti. Quando la GoDown ha ipotizzato questa collaborazione ne sono stato felicissimo. Con Maria Severine (ex tastierista dei Not Moving ed ex compagna di Dome, ndr) il rapporto è forte, abbiamo un figlio assieme, e poi le tastiere a me sono sempre piaciute così l’ho chiamata perché mettesse il piano in un pezzo. Michele, infine, è un amico che ci ha sempre seguito e mi è sembrato naturale coinvolgerlo.
Chi o cosa ha ispirato le canzoni e c’è un brano a cui ti senti più legato?
Rispetto ai brani che scrivevo per i Not Moving, che erano legati ad un discorso politico in senso lato (si parlava del rispetto per la Madre Terra, di diritti umani, degli Indiani nativi d’America), quelli dei Diggers sono un po’ più diretti, legati a storie quotidiane. “Blue Stranger Dancer”, ad esempio, parla di una ballerina di night-club: due anni fa ho lavorato per quattro mesi in un night, facevo il DJ per le spogliarelliste. Vedendo l’ambiente e conoscendo le persone che popolano questo mondo, è venuta fuori l’ispirazione per questo brano il cui testo è anche abbastanza amaro. Mentre “Sorry I’m A Digger” è un pezzo diretto e incisivo in cui si può riconoscere chiunque, sia un ragazzino di 16 anni che chi è alla soglia dei 50 anni come me. “You Shine On Me” è una classica canzone d’amore che ho scritto quando mi sono innamorato della donna con cui sto adesso: mi piaceva molto tirare fuori una ballata dalle atmosfere anni ’70, molto “rollingstoniane”…
Se devo proprio scegliere un brano a cui mi sento più legato ti dirò “Demons” che è una canzone sofferta, che sento molto mia. Parla dei demoni personali con cui ognuno di noi deve convivere e combattere…
Che mi dici, invece, della scelta delle cover di Gun Club, Yardbirds e John Lennon?
“Fire of Love” è un chiaro tributo a un grande amore come i Gun Club. Poi il pezzo originale è di Jody Reynolds ed è del 1958, l’anno in cui sono nato io (risate!). “Cold Turkey” è un altro omaggio, a John Lennon, per me uno dei più grandi sia come musicista sia per l’impegno civile che ha espresso in tutta la sua vita. E’ un artista che amo molto e prima o poi dovevo rifare un suo brano. “Heart Full of Soul” degli Yardbirds è stata invece una scelta collettiva: volevamo suonare un pezzo che in qualche misura riflettesse le varie tendenze che ci sono all’interno del gruppo e quel brano ci ha messi tutti d’accordo, anche se poi l’abbiamo interpretato alla nostra maniera, in una chiave più robusta e forse anche psichedelica…
A completare il quadro delle tue influenze, forse manca solo un pezzo di Jimi Hendrix, vero?
Infatti con i Not Moving avevamo fatto un medley, “A Pray For Jimi” (su “Flash On You” del 1988, ndr). Hendrix del resto è un amore da quando avevo 13 anni…
A proposito dei Not Moving: com’è stato il tour della reunion, come l’hai vissuto, qual è il tuo giudizio oggi, a due anni di distanza?
Inizialmente ero assai scettico all’idea di rimettere in piedi i Not Moving perché non mi andava di tirare fuori una sigla vecchia di quasi vent’anni, preferivo fare qualcosa di nuovo e avevo quasi detto di no. Ti dico la verità: durante le prime due-tre prove continuavo ad avere le mie perplessità, poi si è ricreata quella formula chimica, quella magia che è data dal modo di suonare, dalla personalità dei vari elementi della band e ho incominciato ad essere sempre più convinto. Però, anche se ci hanno offerto molte più date, ho messo il paletto dei 10 concerti per non trasformare un evento eccezionale in qualcosa di patetico. Alla fine è stato molto bello perché oltre agli amici della vecchia guardia, c’è stato anche un ricambio generazionale: sono venuti a vederci moltissimi ragazzi che ci conoscevano solo di nome e non avevano mai avuto la chance di vederci dal vivo.
Torniamo ai Diggers. Dopo il sette pollici e l’album quali sono i vostri progetti futuri?
La nostra idea sarebbe quella di andare all’estero. So che le nostre etichette, Go Down e Area Pirata, si stanno muovendo per distribuire il disco in Francia e Germania e spero che presto potremo andare a suonare da quelle parti. Anche perché una band è viva e reale solo se sta su un palco…
Dal punto di vista discografico, prima di pubblicare il nuovo album abbiamo l’intenzione di tirare fuori un altro singolo. Rigorosamente in vinile!Autore: Roberto Calabrò
www.myspace.com/domelamuerteandthediggers