La più grande folk-punk band del mondo per questo nuovo disco ha rinunciato al punk, per recuperare e valorizzare ulteriormente una parte delle sue radici folk. Nonostante quello che si possa pensare ad un primo momento non si tratta della radici del folk di matrice celtica ma di quello del Paese in cui sono nati vale a dire quello suonato da cantastorie come Woody Ghutrie. Lo stesso titolo del disco ricalca la scritta che Ghutrie aveva fatto sulla sua chitarra e che si portò in Europa durante la seconda guerra mondiale quando, nonostante fosse anarchico, si arruolò per combattere i fascisti. Dati i venti che sono giunti negli ultimi anni in Europa e negli Usa, questo titolo è più importante che mai.
Tornando al disco, registrato vicino al posto in cui il folk singer americano nacque, comprende brani inediti dello stesso Ghutrie, di cui viene recuperata la voce in “Dig A Hole”. Tutto il lavoro, dunque, è suonato rigorosamente in acustico, concedendosi qualche spruzzata di folk punk in “Two 6’s Upside Down” in cui vengono evocati i Violent Femmes e un ritmo quasi rock con un basso pulsante nella nervosa “Talking Jukebox”. C’è del rock’n’roll scarnificato in “Cadillac, Cadillac” mentre “Ten Times More” è tribale e scarnificata. Con “All You Fonies” i DP si lasciano andare ad una marcetta carica e tesa e in “The Last One”, con il feat. di Evan Felker dei Turnpike Troubadours, emerge una grande malinconia. “Where Trouble Is At” è un classico e piacevolissimo folk irlandese. Disco essenziale, dato che ‘La memoria non si cancella’.
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autore: Vittorio Lannutti