Quelli che non troppo tempo fa furono saultati come i cavalieri indiscussi dell’indie rock con il successo planetario di Hot Fuss, rinunciano oggi a quel ruolo glorioso ma forse per loro troppo stretto: il nuovo album Day and Age, lanciato dal singolo Human e dall’esibizione del 4 ottobre al Saturaday Night Live con due pezzi dal vivo, non è Hot Fuss, e non lo ricorda nemmeno da lontano. Potrà suscitare sdegno o far gridare al capolavoro, ma è un fatto che con Day and Age i Killers vanno a quanto pare da un’altra parte: rinunciano alle chitarre e ai ritmi indie per cercare con convinzione melodie decisamente eighties. Più sintetizzatori, più archi, più tastiere, dunque, per un suono che si fa più pop e meno rock: Human, in questo senso, è davvero il singolo rivelatore dell’album.
Prodotto da Stuart Price, il lavoro è stato realizzato fra Las Vegas e Londra, e il gruppo dice di essersi ispirato a Elton John e a David Bowie. Se è vero, come i quattro di Las Vegas dissero, che Springsteen e i Queen erano l’ispirazione di Sam’s Town, allora possiamo davvero pensare che si tratti di un cambio di rotta. Lo stesso Brandon Flowers ha detto di essersi tagliato i baffi perché con questo nuovo tipo di sound proprio non ci stavano bene: di sicuro, se voleva segnalare una svolta dei Killers, la svolta c’è.
Trattasi, certo, sempre di un pop molto raffinato e studiato, efficace e molto ritmico, suadente come la voce del leader che qui campeggia indiscusso. Lo dicono anche canzoni come Losing Touch, e la dinamica Spaceman, tra i pezzi migliori. Joy Ride poi è addirittura un puro pezzo con stacchi e chitarre da dance anni ’70. Il meglio che si può dire di This is your Life, The world we live in, e Neon Tiger, invece, è che sono canzoni orecchiabili, ma siamo lontanissimi da pezzi come All the Pretty Faces, che pure era un lato-B dell’album Sam’s Town.
Non mancano chicche come la bellissima A Dustland Fairytale, e soprattutto la cupa e suggestiva Goodnight, Travel Well, (che ricorda nell’intro iniziale e nel modo di cantare di Flowers i Radiohead) ma il dubbio che il nuovo sound più sinth e meno rock nasconda un calo di inventiva si insinua man mano che si va avanti con l’ascolto, e le canzoni migliori, negli accordi e nelle melodie fondamentali, ricordano pezzi classici del repertorio Killers, come When You Were Young o Bling (confession of a king).
Insomma non siamo davanti al colpo di genio (che il quartetto, così talentuoso, giunto al terzo album, avrebbe potuto e dovuto realizzare) e ci sarà qualcuno che griderà al tradimento della causa indie (se mai i Killers ne siano stati gli alfieri).
Di certo non siamo d’accordo con Flowers, che ha detto che Day and Age è la continuazione di Sam’s Town, un “Sam’s Town visto da Marte”. E così, chi ha parlato di delusione a proposito di Sam’s Town nei confronti di Hot Fuss, dovrà adesso trovare molta più continuità fra i primi due, che non fra il secondo e il terzo, che si ispira sì agli anni ’80, ma non a quelli dei Queen bensì a quelli dei Pet Shop Boys.
Sarà anche la curiosità suscitata dal gossip secondo cui l’album è stato ispirato verso un sound “alieno” dal fatto di averlo inciso non lontano dall’Area 51, ma è un fatto che Day and Age aveva suscitato grosse aspettative, che forse non riuscirà a mantenere.
Ma a maggior ragione aspetteremo con ansia i quattro di Las Vegas alla prova del nove davanti all’esibizione live, che per l’Italia toccherà (come al solito) il Datchforum di Assago per un’unica data, il 17 marzo. Un’occasione che comunque non è il caso di perdere.
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Autore: Francesco Postiglione.