Tanto è bello questo nuovo lavoro degli Okkervill River quanto diverso da quelli precedenti. Non tanto diverso però da rinfacciargli un cambiamento eccessivo, no. Giusto quella differenza che significa tentare qualcosa di nuovo decisamente sotto l’infallibile guida dell’ispirazione. E dire “ispirazione” per una band che non è proprio all’esordio significa tanto: quando il pop-folk e la chitarra acustica sono nel tuo dna, scadere nell’intimismo retorico è un pericolo pronto a saltare fuori a ogni angolo del percorso. Ma questo, in The Silver Gymnasium non accade.
Eppure la band di Will Sheff ha rischiato grosso. Arrivati al 2013 da un percorso che parte nel 1999 gli Okkervill River hanno raccontato poeticamente l’America conquistandosi di diritto un posto tra i menestrelli della nuova generazione, succedendo alle esperienze dei Counting Crows, dei Neutral Mikl Hotel e accomodandosi giusto accanto a Shins, Blitzen Trapper e alla cricca inglese di Marcus Mumford.
Giunti al loro quarto album è il momento di tirare dunque un po’ le somme di quello che è stato, e lo fanno partorendo quello che a un attento ascolto di una sola sessione appare a tutti gli effetti un concept album.
The Silver Gymnasium: una palestra argentata, ma anche ‘ginnasio’ mi piacerebbe, come traduzione, chè tanto riporta a quel primo bienno di scuola superiore che qui da noi coincide con l’adolescenza di un ragazzo.
Undici tracce raccontate con uno sguardo lirico-narrativo che dal presente si proietta su un passato in provincia, la provincia di Meriden, nel New Hampshire, che potrebbe fare da scenario a un racconto di Raymond Carver o a un nuovo film di Wes Anderson.
Il passato remoto, tempo del racconto per eccellenza, non abbandona mai l’ascoltatore, costantemente messo in guardia dalla natura delle immagini evocate: è una storia di crescita e distacco, una storia appartenuta a tutti. In mezzo ci troviamo il dolore dell’allontanamento dai primi affetti, le prime decisioni importanti (I’ll go to the college, dichiarato in It was my season); compaiono frame dolceamari popolati di migliori amici che non lo sono più (Down Down the Deep River); si intrufola la musica, scoperta come passione, come unica attitudine alla comunicazione dei sentimenti, più che la parola, più che un gesto (Where the spirit left us).
È una rassegna di piccole storie che toccano nel profondo e profumano di malinconia. Will Sheff riesce a raccontare di sé raccontando di tutti, specialmente della generazione che ha vissuto la sua adolescenza nella seconda parte degli anni Ottanta, sfondo imprescindibile in Silver Gymnasium, in cui spesso la chitarra acustica si impreziosisce accompagnata dai sintetizzatori (Walking without Frankie, White) e da certi piccoli elementi simbolici come il vecchio computer Atari o un Walkman.
L’effetto non è mai cupo, sempre dolceamaro come solo un certo pop anni Ottanta è riuscito a essere.
http://www.thesilvergymnasium.com
http://okkervilriver.com
autore: Olga Campofredda