Un tuffo di petto negli anni ’90 per quest’album senza titolo dei fiorentini A Dog to A Rabbit, band che cela le identità di Marco Burroni, Davide Mollo e Donald Renga.
Le chitarre, la voce e le melodie hanno un serratissimo e piacevole eco di quelle stagioni, dove fu compiuta una nuova rivoluzione pop-rock passata per le ultime musicassette e l’esplosione del Compact Disc.
Potremmo bisbigliare che qui siamo in aperto territorio grunge ma per non essere antiprogressisti chiamiamo power pop e gli A Dog To a Rabbit sono bravissimi a creare il proprio scenario essendo l’album fortemente ispirato.
Adesso, inquadrato il background vale sempre la pena di chiedersi del perché i cantastorie del 2010 continuano a farci rivivere episodi che sono avvenuti nel passato tralasciando la vita contemporanea.
Di certo da quest’album non si troveranno risposte ma in compenso ci sono undici buone tracce, tutte cantate in inglese.
Si parte un po’ in sordina e “Flavor”, secondo brano, lievita con il passare dei secondi poi il trio si smarca con “I Can?t Stay out of”, hit dalla verve certamente più indi(e)cizzata alle correnti odierne.
Il profilo “tossico” di “Liar” e i tratteggi di chitarra ritmica in “Milkshop” aprono a una nuova fase del disco piuttosto instabile che culmina addirittura in un’aperta citazione agli U2 nel pezzo “4 Rules”, con gli strascichi della band irlandese che si avvertono fino al brano “A Dog To a Rabbit”.
Autore: Luigi Ferrara