di Giuseppe mCapotondi, con Kseniya Rappoport, Filippo Timi, Giorgio Colangeli, Fausto Russo Alesi
Esordio alla regia di Giuseppe Capotondi, affermato regista di videoclip e spot pubblicitari, La doppia ora è un noir dai toni plumbei, una storia complessa ed enigmatica che si muove lungo piani narrativi paralleli. Un doppio sogno che svia e confonde lo spettatore spingendolo a seguire le trame di una narrazione fatta di specchi in cui realtà e finzione si rinviano l’un l’altro.
Un gioco di rimandi continuo e circolare che si appiglia a e richiama continuamente cose già dette o viste durante la narrazione filmica.
Un’operazione riuscita, in cui un ottimo lavoro di scrittura (la sceneggiatura è stata vincitrice del Premio Solinas nel 2007) si accompagna alla convincente interpretazione dei protagonisti (Filippo Timi e Ksenia Rappoport ) e dei comprimari e ad una buona prova registica.
Peccato che il film sia rovinato da influenze e richiami troppo chiari (da La ragazza del lago prodotto dalla stessa Indigo e Come Dio Comanda a Kill Bill V.2) e da tempi spesso troppo rilassati e sospesi.
Il film racconta la storia di Sonia, giovane ragazza di Lubiana che raggiunge l’Italia per cercare il padre e fuggirne subito dopo alla volta di Torino. Lì trova impiego come cameriera in un albergo. Un complesso grande, impersonale, tempestato di telecamere. Occhi fissi su di lei. Pronti ad osservarla e ad interrogarla su un passato nebuloso che lei non può e non vuole cancellare.
A Torino conosce – durante uno speed date – Guido, un ex poliziotto (interpretato da Filippo Timi), ora custode di una lussuosa villa con parco. Un uomo tormentato che non riesce a legarsi alle donne ma che inspiegabilmente si interessa a lei.
Tra i due nasce una storia d’amore, contorta e misteriosa cui vita e morte s’intrecciano in modo contorto e surreale.
La doppia ora si rivela una storia forse troppo complessa per un esordio alla regia, una trama intrigante che avrebbe potuto diventare un capolavoro se solo affrontata con maggiore intelligenza e più creatività. Il risultato è invece un buon lavoro, a tratti troppo pretenzioso, che non scontenta lo spettatore e nemmeno lo esalta durante la visione. Forse un film più nelle corde del cinema anglosassone che di quello nostrano…Vedremo. visto che il film di Capotondi – prodotto dalla Indigo Film del partenopeo Nicola Giuliano e in concorso durante l’ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia – sarà molto probabilmente oggetto di un remake made in USA.
Autore: Michela Aprea