Qualche buona sensazione, un po’ di noia e molta tranquillità. E’ ciò che resta dopo aver ascoltato per l’ennesima volta Total Loss, l’ultimo lavoro di Tom Krell in arte How To Dress Well.
Niente di esagerato, quarantadue minuti di leggerissimo pop senza eccessiva volontà di rivoluzionare qualcosa, ben composto e coerente ma piuttosto legato al genere: riverberi su riverberi, falsetti e “claps” che, alla lunga, stancano.
Atmosfere che, a volte, riportano alla mente i singoloni dei Burial, ma senza la presa ipnotica che li caratterizza: già dal primo impatto, con “When I was in trouble”, si capisce che Total Loss è un album costruito per l’ascolto in solitaria, sarebbe impossibile altrimenti riuscire a raccogliere tutti i fruscii e le microvariazioni presenti nel beat e nelle atmosfere di sottofondo.
Se il senso di pace e la spinta verso la meditazione che sembrano essere quasi forzati (undici tracce di ciò che alcuni si ostinano a chiamare “dream pop”, senza novità alcuna) riescano a bilanciare l’armonia e la delicatezza del prodotto finito è ovviamente qualcosa che varia da ascoltatore ad ascoltatore, da indole ad indole, da anima ad anima.
Ciò che è imprescindibile dalle valutazioni personali, è l’approccio che l’artista ha con la sua opera, quasi come se non fosse destinata al mercato ma ad essere conservata, in un unica copia, in un cassetto, a uso e consumo di chi l’ha prodotta: un pezzo unico più utile a ricordare che a stupire gli altri, un diario segreto di forma circolare e con un buco al centro.
Ci si interroga quindi sulla sua funzione e, induttivamente, sulla funzione della musica in genere. Se un album è valido, o anche semplicemente “utile”, per l’artista, lo è anche per il pubblico, al di là della banale questione del “può piacere o meno”?
Total Loss, riesce a suggerire domande del genere, talvolta accarezzando i pensieri lievemente come con “Struggle”, settimo brano dell’album, leggermente più interessante del resto e che, assieme alla strumentale “World I need you, won’t be without you (Proem)” sembrano essere le punte di diamante di questo lavoro.
Magari può non entusiasmare, dunque, ma quantomeno fa nascere dubbi e domande: si potrebbe pensare che, tutto sommato, anche questo rappresenta una vittoria.
Autore: A. Alfredo ‘Alph’ Capuano