La magnifica struttura del Palazzo dei Congressi ospita quest’anno Dissonanze 2005, rassegna di punta nel sempre più ricco panorama elettronico italiano. Le performances dei vari DJ si alternano sulla terrazza, in un clima rilassato sin dal tramonto, video e giochi di laser ne fanno da cornice.
L’atmosfera è ancora un po’ sottotono, la gente “a palazzo” si divide in un disordinato e costante via vai tra la vastissima terrazza di cui sopra e l’immensa platea che ancora sembra vuota tanto è grande, quando Jamie Liddell, musicista inglese trapiantato a Berlino, colora di elettrofunk tutta la “dance hall” del Palazzo.
Lo show di Jamie, così come gli artisti che si susseguono, è completato da video proiettati sui mille e più schermi di tutte le dimensioni quasi da ornamento della megasala. Menzione ad hoc va attribuita al danese Philip Geist aka The Videogeist.
Il funk di Liddell viene condito da sonorità minimali e campionamenti improvvisati accompagnati dalla sua stessa frenetica voce. Una miscela che sembra a tratti dividersi tra la dance d’intrattenimento e la riflessione avanguardistica tanto da fregiarsi dell’interesse di Aphex Twin e Squarepusher e naturalmente guadagnarsi un posto di rilievo tra le fila della Warp.
E’ da qualche minuto passata l’una quando fa il suo ingresso in scena Karl Bartos.
L’elegante ex percussionista dei Kraftwerk, fa totale affidamento per l’esercizio delle sue funzioni all’entusiasmo e alla precisione di due giovanotti che l’accompagnano sul palco. Karl, musicista di razza, sembra essere davvero in forma, al suo cospetto due synth, preferiti alla vecchia drum pad e alle percussioni; il suo entusiasmo lo porta spesso a sorridere al pubblico, forte e fiero del suo passato e certamente orgoglioso per il presente. “Communication” considerato dalla critica concettualmente troppo vicino alla band di Dusseldorf anche se, ricco di spunti interessanti, trova un discreto interesse tra il pubblico che naturalmente il è molto più compiaciuto di ascoltare i vecchi successi degli uomini-macchina di Dusseldorf di cui Bartos è coautore soprattutto dei dischi più pop. Karl apre alla vecchia maniera contando i suoi “Numbers”, naturalmente seguita da “Computer World”. Il trio sul palco riproduce fedelmente, anzi alla perfezione (fin troppo!) i brani. La prova netta è in “The Camera”, brano d’apertura del succitato “Communication”, dove i suoni, soprattutto il vocoder, sembrano come “fotografati”. La scaletta pare divertire e rendere partecipe il pubblico. Bartos propone tutto “Computer World” e le sorprese non mancano: “Trans-Europe Express”, “The Model” (accolta da un’ovazione), “Tour de France”, “Neon Lights” ma soprattutto, riesuma “The Telephone Call”, unico brano dei Kraftwerk dove gli è stato concesso di cantare; i due singoli del disco, “I’m the message” e “Reality” oltre alla splendida “Life” sono state le tracks rappresentative del suo lavoro solista dove Karl si veste nei panni di professore di semiotica nell’espressione del suo concetto di “Communication” (the image of the world we see turns into another reality). Nel finale, Bartos, ritorna per un istante Robot e manda il pubblico in un “moderato delirio” e nel finale concede il bis con “Poket Calculator” e “Ultraviolet”. Particolare non da trascurare, i brani eseguiti dei Kraftwerk sono nella versione originale e non quelli del mix datato 1991.
Il Salone della cultura si trasforma finalmente in dance hall con la performance di chiusura di Tiga, dj canadese, giovane ma (ormai) non più solo promessa della scena elettronica internazionale.
Attesissimo,almeno tanto quanto la coppia Hawtin/Villalobos che ha deliziato le ore più piccole della serata precedente (e che ahimè abbiamo clamorosamente mancato), l’enfant prodige d’oltreoceano stupisce per la sua distensione nervosa, un approccio spensierato e orizzontale che scarica in un dj set di quasi tre ore d’incessante dancefloor. Nessun assetto rialzato, nessuna postazione pur minimamente sollevata: Nello stesso scenario di spazi sconfinati della esibizione di Liddell, Tiga suona “face to face” davanti a un paio di migliaia di accalcati festanti in delirio, come se fosse il compleanno di ognuno dei presenti e lui l’amico dj di turno! Il suono è spiccatamente techno, mentre l’annunciato sfondo electro-punk, che lo ha avvicinato anche ai più reticenti estimatori della semantica dance,è un po’ meno percettibile.
Tiga conferma il suo estro, il pubblico romano –e non solo-saluta il Palazzo dei congressi stanco e visibilmente soddis-fatto. Dissonanze festival…hope to see you next year!!!
Autore: Antonio Ciano/Luigi Ferrara