L’espressione artistica a Napoli si è sempre contraddistinta per passione e visceralità che, talvolta , ha portato la sua eco fuori dai nostri confini. L’intento del quartetto british-rock dei Fireground è quella di elargire la giusta attitudine internazionale senza tradire la terra d’origine, quella terra vulcanica dei Campi Flegrei, emblema di calore propositivo e fiammanti sonorità, verificabile nel riuscito debutto omonimo, plasmato con 9 tracce dirette, massicce e moderne.
In posizione di partenza c’è “Hang on 2 U” che scatta con spore British ben cadenzate con annesso fragore corale, mentre l’elegante terzo singolo “Aphrodite (darkest lies)” poggia su basamenti di dolce rock fluido facilmente assimilabile. Invece, “Carry on” innesta una marcia in più di grinta e fermezza fino a lambire ampie stesure grunge. Ora che s’insinua il primo singolo “Worm” si nota l’ampio raggio ideativo del combo partenopeo, abile nel miscelare energia e sentimento con quadratura assemblativa forgiata con mestiere nelle vibranti ballads “Take it slow” e “Don’t say a word” (secondo singolo estratto). Il sound è complice delle quattro sapienti mani di Pietro Foresti (Guns&Roses, Korn, Asian Dub Fondation) e Matteo Agosti al banco di regia. Quando parte la traccia “Land” si ha la chiara sensazione che si candidi a prossimo singolo, poiché ha la giusta “sporca tura” grunge, speziata con guitars che ronzano con intensità ma, in coda all’album, si tira il fiato con lo spessore riflessivo di “The wave”: una “onda” che si cala sinuosa nei meandri emotivi. Benchè captati nei radar di Nirvana, Pearl Jam, Creed e Smashing Pumpkins, i Fireground sfoggiano sfumature per non emulare nessuno e per non porsi limiti, scevri da mode e reverenze di sorta. Gran bella personalità la loro.
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autore: Max Casali