“Jathor” segna un cambio di passo per il trio jazzcore-metal-noise-industrial. Vi suggerisco di approcciarvi a “Jathor” non come avete finora con i lavori precedenti del trio romano-norvegese. Niente svisate, niente cambi di registro stilistico, niente contaminazioni e suoni percussivi o schegge impazzite di jazz zorniano. Luca Mai addirittura non suona mai il sax. E allora, vi starete legittimamente chiedendo, di cosa si tratta? Si tratta di un lavoro con due brani ognuno della lunghezza di oltre venti minuti. Sono due lunghe suite dai toni mistici, onirici, metafisici e apocalittici. Per intenderci siamo dalle parti dell’asse Neurosis-Sunn O))). Il primo brano “Jathor a sky blurial” ha una prima parte nella quale la distopia e il senso neurosisiano apocalittico prevalgono, ma per fortuna che nella seconda parte del brano ci sono aperture verso momenti più luminosi, così termina in modo meno umbratile ed oscuro. Il secondo brano, “The dawining moon of the mind”, è caratterizzato da una chitarra in assolo, lenta e pervicace, con un sottofondo elettronico che svolge la funzione ambivalente di essere un sostrato ma anche di disturbare la poesia della sei corde. Tuttavia, il brano raggiunge un’elevata epicità, che a sua volta tocca altri lidi come il minimalismo e quello space-rock, ma termina con un susseguirsi di momenti sperimentali e con archi da colonna sonora. La poeticità e l’epica di “Jathor” sono stati raggiunti anche grazie ai vari amici-collaboratori del trio, vale a dire Stefano Pilia, Lorenzo Stecconi, Michico Yagi, Kristoffer Lo, Jessica Moss dei Silver Mt. Zion. Dopo problemi interni, il trio con questo lavoro segna la sua rinascita ed il suo rilancio.
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autore: Vittorio Lannutti