di R. Howard, con S. Rockwell, K. Bacon, M. Sheen, R. Hall, F.Langella
Nixon è in disgrazia. Ha da tre anni lasciato la Casa bianca per lo scandalo degli scandali, il Watergate: il presidente ha spiato bellamente la “concorrenza”. Vivacchia dopo averla scampata sull’impeachment. Sosta nella sua esotica Sant’Elena col maggiordomo indù, e sogna rivincite.
David Frost è invece una specie di Paolo Bonolis anni ’70, solo più british nello humour e con una chiostra di denti lampeggiante. Fiuta il business e immagina di poter intervistare l’ex numero uno della White house. I due si incontreranno nel salottino di una casetta microborghese americana per uno scontro titanico. Testimoni le telecamere. Frost rappresenta la sete del mondo di sapere la verità o meglio di scrutare la verità tra le rughe di Nixon un’ultima volta. E lui, Nixon, il grande Reietto del pianeta, scalpita, pronto al riscatto per via televisiva. Al di là della attenzione storica ai fatti, e dell’apparente ingessatura del confronto botta-e-risposta, questo è un film necessariamente d’azione.
Un cinetico rallenty accompagna l’intervista tra intervistato e intervistatore, violento come un match di wrestling cerebrale. Ron Howard inzuppa il film di inserti pseudo-documentaristici e lo cucina, registicamente, prendendo il meglio delle sue esperienze. Il guizzo da commedia (“Splash-una sirena a Manhattan”) e lo scavo introspettivo (“Apollo 13”), il dettato giornalistico (“Cronisti d’assalto”) e il climax più o meno vibrante (“Il Codice da Vinci”).
Per la buona riuscita aggiungiamo la stupefacente maschera di Nixon- Frank Langella, sorta di Padrino in salsa repubblicana e anche un pochino mafiosa e la lineare sceneggiatura di Peter Morgan (“The Queen”, “L’ultimo re di Scozia”), attenta a caratterizzare bene i comprimari – ovvero lo scrittore e consulente pignolo e agit-prop, il redattore dell’Anc, la ancella mozzafiato di Frost (Rebecca Hall), il pretoriano di Nixon (un sagomato Kevin Bacon). La morale incorpora una vecchia lezione: il making of della Storia appare, alla fine, più interessante, molto più interessante, del prodotto (l’intervista) finale.
Autore: Alessandro Chetta