“Col corpo capisco” di David Grossman
Casa editrice: Mondadori
N. Pagine: 301
Anno pubblicazione: 2009
Prezzo: € 9,50
Non si tratta di un romanzo, ma di due racconti: il primo è intitolato “Follia” e il secondo, che dà il nome al libro, “Col corpo capisco”. Ad accomunarli è il dolore – che diventa, talvolta, sofferenza fisica – causato dalla gelosia. “Follia” narra di Shaul che, durante un viaggio in auto, di notte, racconta a sua cognata Esti di come sua moglie, Elisheva, lo tradisca da due anni. Shaul sa tutto della relazione di sua moglie con il suo amante, conosce le loro abitudini, i luoghi in cui si incontrano e sa persino cosa fanno quando si vedono. Peccato che non abbia nessuna prova di questo tradimento.
La relazione extraconiugale di Elisheva, insomma, sembra essere più il frutto della gelosia morbosa di Shaul nei confronti di sua moglie, che reale. Vera o presunta che sia, questa storia provoca un forte dolore in Shaul, un dolore che si ripercuote anche sul suo fisico e sulla sua mente ma che, allo stesso tempo, induce Esti a rivedere alcuni aspetti della sua vita, rimasti fino ad allora in secondo piano. Il secondo racconto, invece, è incentrato sulla storia di Rotem, che legge a sua madre Nili, ormai sul letto di morte, il romanzo che ha scritto ispirandosi alla vita della madre stessa, ex insegnante di yoga. Il romanzo di Rotem narra, in particolare, di una vicenda abbastanza equivoca della vita della madre, la quale aveva aiutato un adolescente a risolvere i suoi problemi relazionali, grazie a delle tecniche di yoga che l’avevano indotto a prendere maggiore consapevolezza di sé, attraverso la conoscenza del suo corpo. Anche in questo caso, non si ha la certezza che tra l’insegnate e l’allievo sia accaduto qualcosa, ma la tensione è tutta generata dalle supposizioni e da ciò che gli altri vogliono vedere. Entrambi i racconti sono molto scarni nelle caratterizzazioni, asciutti nelle descrizioni e complessi nella struttura narrativa. Entrambe le storie, inoltre, sono ambientate in luoghi molto ristretti, quasi claustrofobici: l’abitacolo di un’auto e la stanza di un ospedale. Da lì non si scappa, se non attraverso la propria immaginazione, che può anche rivelarsi eccessiva, malata. Questo non è di sicuro un libro semplice: nonostante la relativa brevità dei due racconti, bisogna dotarsi di grande pazienza, di concentrazione e di quel pizzico di tensione tipico di quando si è alle prese con un’opera di David Grossman, autore israeliano di enorme spessore, i cui libri non vanno solo letti, ma metabolizzati.
autore: Flavia Vitale