Di Clint Eastwood, con Matt Damon, Bryce Dallas Howard, Jay Mohr, Jenifer Lewis
“Sono troppo vecchio per la pensione, il ritiro è per gente giovane”. Lo ha detto il sessantanovenne Alex Ferguson, tecnico del Manchester United dal 1986, ma lo sottoscriverebbe anche Clint Eastwood. Tra i contemporanei è il regista che più viene amato perché grazie ai suoi film si ha l’accesso a qualcosa di epocale, fatto per resistere all’oblio naturale del tempo. Che non sia solo una stella sulla walk of fame, ma un bene per l’umanità lo si intende dalla sua attitudine ad ambientare le storie in luoghi diversi dagli Stati Uniti, superando l’etnocentrismo statunitense. Come l’ultimo “Hereafter” che racconta tre vicende disseminate in città diverse (San Francisco, Parigi, Londra), i cui tre protagonisti si incontreranno e solo lo spettatore può conoscere la necessità del loro incontro. E mentre spera, teme di assistere alla grave ingiustizia di questo mondo, quella per cui spesso le cose necessarie non accadono affatto.
Con questa struttura di storie pronte a convergere si arriva a Kieslowski che amava gli incontri casuali e cruciali assieme. Si può amare Hereafter almeno quanto si odia tutta l’inconsapevolezza che si nutre verso il proprio destino. Eastwood supera il tempo, vince i lacci della cronaca passando con sapienza dallo tsunami agli attentati terroristici londinesi del 2005. Lui stesso è un figura fuori dal tempo, già quando Sergio Leone lo scelse negli anni ’60 per ridare linfa al western, genere vincolato a spazio e tempo precisi. Da regista 80enne è ancora nel cuore del sistema produttivo americano, sceglie ed è scelto da attori richiesti (Di Caprio sarà protagonista del suo prossimo progetto), musica da sé i film come Chaplin o Satyajit Ray.
Spielberg gli ha affidato questo thriller paranormale con la convinzione che sarebbe stato il suo debutto nel genere, ma forse dimenticava. Fu proprio lui infatti a produrre vent’anni fa un episodio della serie Amazing Stories diretto da Eastwood, si chiama “Vanessa in the Garden” e racconta di un pittore (Harvey Keitel) che perde la sua moglie/musa. Lei ritorna nella fantasia dell’artista ad assisterlo e inquietarlo, proprio come fanno i defunti in Hereafter.
Autore: Roberto Urbani