Anja Plaschg, al secolo Soap&Skin, lancia il suo primo disco completo di cover, anche se vi sono sempre state cover nel suo repertorio perché, a suo dire, “mi danno la buona sensazione di fuggire da me stessa”. Infatti ci sono state cover sin dall’album Narrow del 2012. Voyage, Voyage per esempio è stata una cover per la colona sonora di Sebastian Meise’s Still Life, o basta ricordare la cover di What a Wonderful World nel suo ultimo From Gas to Solid, o di Me and the Devil Blues nell’EP Sugarbread.
Adesso però c’è un intero disco di reintrepretazioni, nello stile, che è ormai confacente alla cantautrice austriaca, del minimalismo piano-voce. Mystery of Love, di Sufjan Stevens, riflette per esempio alla perfezione questo stile, anche se si aggiungono trombone e cornamusa. Aggiungere strumenti è il suo modo di ri-fare una canzone: “Ascolto una canzone, e subito sento che c’è qualcos’altro che vorrei aggiungere. Poi non ascolto l’originale magari per anni. Ricordo le canzoni a memoria”.
E’ quel che è successo per esempio per The End dei Doors, non ascoltata per sette anni, o per Born to Lose, mirabile reinterpretazione vocale del brano di Shirley Bassey.
La linea minimalista di base del disco, quella piano-voce, si avverte in Mystery of Love, Born to Lose, Maybe Not di Cat Power, Stars di Nina Simone, Voyage, Voyage, mentre una variazione di questa scelta è God Yu Tekkem Laef Blong Mi, antica ballata popolare che Anja reinterpreta in un falsetto accompagnato solo da un organo. Ma ci sono canzoni che fanno da contraltare, dove emerge l’anima elettronica dei dischi precedenti: per esempio Gods and Monsters, di Lana Del Rey, curiosamente strutturata su suoni industrial, o Johnsburg, Illinois, di Tom Waits, che invece con la sessione di fiati fa respirare una atmosfera jazz, o Girl Loves me di David Bowie, costruita intorno a batteria e suoni lobotomici, nata come idea dopo una reinterpretazione di Black Star presentata a Parigi insieme a Laetitia Saladier, mentre altro organo torna nella cover di Pale Blue Eyes dei Velvet Underground, che riporta Anja agli esordi primissimi della sua fortunata carriera, quando fu scoperta nei teatri viennesi appena ragazzina per la interpretazione convincente di Nico (la cui voce cupa e maschile è una ispirazione per il modo di cantare di Anja).
Tutte le idee del disco nascono da una serata del Berlin’s Danube Festival a cui fu invitata nel 2022, chiedendole di mettere in scena tutte le cover che aveva preparato negli anni in un solo show.
Concludono il disco di cover piuttosto ricercate due canzoni invece decisamente note: la già citata The End dei Doors, dove il tentativo di riduzione a piano e voce però fallisce nel rendere onestà e omaggio alla disperazione del pezzo originale, e What’s Up delle indimenticate Four non Blondes, una ballata pop-rock che Soap and Skin reinterpreta con intermezzi elettronici, ma restando anche qui dietro a quella che era la carica e potenza originale del brano.
Convincono e anzi mettono i brividi invece Born to Lose, Stars, Mystery of Love e Pale Blue Eyes: qui Anja supera gli originali e dà il meglio della sua capacità re-interpretativa e creativa. Soprattutto, in questi pezzi emerge la voce assolutamente singolare di Anja, capace di sussurri così come di grida squassanti come si sentono in Born to Lose.
Anche se non è forse il suo prodotto migliore, e anche se il disco risente di una pressocché totale assenza di ritmi, questa scelta di cover dà tutta l’idea del potenziale creativo della cantautrice, ancora tutto da esplodere nei prossimi dischi. E c’è da star sicuri che questo accadrà presto.
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