Dopo aver definitivamente risolto i postumi depressivi dei litigi discografici con la Virgin che lo aveva abbandonato dopo l’album di esordio del ’96, One Mississippi, grazie anche al successo degli altri due album usciti per etichette indipendenti, Lapalco del 2002, e The Alternative to Love (2005), Brendan Benson torna all’attività solista che aveva abbandonato per i Racounteurs, la project-band fondata insieme con Jack White dei White Stripes (con cui Benson ha inciso ben due album, di discreto successo). Questo My Old familiar Friend riprende le sonorità tipiche del cantautore, vagamente ispirate agli anni ’70, ma in tonalità minore, meno graffiante, e più intima, come anche il titolo suggerisce.
Anche se le chitarre non mancano, il risultato complessivo è un andamento un po’ poppeggiante (forse troppo), evidente già nel primo pezzo, A Whole Lot Better, e continuato anche in Eyes on the Orizon e Garbage Day, dall’intro puramente seventies, che pure risultano ritmate e divertenti.
Il prosieguo non abbatte l’idea che ci troviamo di fronte a un album “minore”: siamo lontani dalla grinta dei White Stripes e dei Racounteurs se è quello a cui pensavate. Del resto, in un’intervista a proposito del nuovo disco, il cantautore di Detroit che si muove fra Costello e McCartney nelle sue composizioni (evidente il richiamo anche in Feel like taking you home, Poised and Ready, Don’t Wanna Talk) parla della musica come semplicemente di un “tentativo di riempire un nuovo, e pensare che le cose hanno senso. Ma negli ultimi due anni ho scoperto cose mondane come lavare i piatti o rimuovere la polvere, una cosa piuttosto Zen direi. Tagliare l’erba oggi mi soddisfa come scrivere una canzone. A volte di più”.
Se non è proprio un manifesto di rinuncia alla composizione musicale, ne ha tutta l’aria. Fatto sta che le canzoni del nuovo album, di poco spessore e con arrangiamenti troppo semplici e convenzionali (vedi Gonowhere, Misery, o l’acustica You make a Fool out of Me) ne subiscono gli effetti, e sembra di sentire un James Blunt vagamente più chitarrato. Ma, come si dice, se è contento lui…
Autore: Francesco Postiglione