Magia bianca. Niente esoterismi, niente pozioni strane, sembra. Magia, comunque. Nonostante le centinaia di ascolti degli ultimi – neanche lunghi – tempi, questa ci mancava. E non sto parlando di canti rituali uzbeki, ma della soave indolenza che accompagnò la parabola post-Woodstock dell’ondata psichedelica che, da San Francisco verso est, per qualche anno ha impresso al mondo una spinta più. Un’indolenza venata di certa disillusoria decadenza, sgonfiata negli acidi bollori di appena pochissimi anni prima e intenta al “lavaggio” degli stracci hippy, eppure ancor capace, nella sua crepuscolare aria di “smobilitazione”, di tanta romantica poesia.
Ed è proprio da una comunità di para-freak newyorkesi che giungono Mira Billotte (già nei Qix*o*tic), Miggy Littletone (già in Ida e Blood On The Wall) e Andy MacLeod (già in California Speedway e – possibile?! – Grateful Dead), la “magia bianca” di casa Drag City. In 6 tiepidissimi brani i tre riescono a condensare l’aroma intenso e sfuggente di quegli anni, senza però guastarla di enfatica nostalgia o barocco retròrama. Il piano è, ora come allora, il “maturo” rimpiazzo di agitate tastiere, laddove la voce di Mira attinge ora dalla suadente mollezza di una Michelle Phillips (Mamas and Papas), ora dalla vibrante energia di una Grace Slick (Jfferson Airplane), sinfonizzando ancor più il tenore melodico dei brani. Brillanti i White Magic, anche perché nessun vuoto è lasciato al loro quadro sonoro: se il piano sparisce c’è la chitarra acustica (‘Keeping the Wolves from the Door’) o elettrica (la conclusiva ‘Apocalypse’) a sguinzagliare un po’ di dinamicità nell’espressione artistica dei nostri. C’è un album in cantiere, e ora sappiamo che aspetterà meno di questo EP per esser recensito…
Autore: Bob Villani