E pensare che il Montana, Nashville, l’immenso Midwest, l’America desolata da cartolina non c’entravano apparentemente poi molto con Iron & Wine, alias Sam Beam cresciuto nel South Carolina prima di finire a Miami, Florida.
Immaginatevi un’altra cosa però:il vostro professore preferito, di cinema se ne avete la fortuna, un tipo tanto erudito quanto hippie, dalla barba lunga e i pochi capelli che un giorno lascia il suo lavoro dopo aver spolverato un paio di cassette fatte in casa che ora il mondo muore dalla voglia di sentire. Beh, non vi sembrerebbe fantastico?
Quelle stesse cassette incise in un quattro tracce, via Sub Pop diventeranno l’esordio fulminate di “The Creek Drank The Cradle”; un disco fuori dal tempo, un apologia del lo-fi non certo da un’ottica hipster, ma da una rurale, del grande Sud stavolta.
Un disco da menestrello, quello che Dylan fu e che Conor Oberst per così poco tempo riuscì ad essere, talmente essenziale da sentirne il respiro appiccicato al microfono con il battito del cuore a fare da gran cassa. Il nostro o il suo, non ha poi così importanza.
Due anni dopo e tutto cambia, o meglio evolve. Non si percepisce a primo acchito ma si intuisce: Sam Beam esce dal suo sottoscala impolverato e viene spedito dalla Sub Pop in studio con il produttore Bran Deck (Modest, Mouse, Califone, i nostri Settlefish ecc).
Ancora una volta il risultato entusiasma, l’esperienza in studio da ricchezza ad un suono forse prima destinato a diventare ripetitivo, non più un cantautore e la sua chitarra accartocciato nell’evitare i cliché, ma una band vera alle sue spalle, con tutti i pro e i contro da detrattori e critichini.
Acquisisce invece varietà “Our Endless Numebered Days”, una finestra aperta in quel sottoscala polveroso, una ventata d’aria per una scena, quella indie, nel 2004 claustrofobica, intenta a dibattersi tra i mille cloni del fenomeno Franz Ferdinand; e lo fa riportando ancora una volta, ci mancherebbe, l’attenzione sulle canzoni.
“Naked as we came, Cinders and Smoke”, “Love and Some Verses”, sono emozioni gentili, ovattate intorno alla voce, sostenute dalla ricchissima strumentazione, nel crescendo verso la quasi conclusiva, splendida, Sodom, South Georgia: ”Woke like a tree full of bees Buried in Christmas Bows and a blanket of weeds”.
La fama arriva quasi inevitabile per uno che ha fatto il salto nel mondo della musica a piedi pari, ed è la cover di “Such Great Heights” dei Postal Service che Sam spoglia dagli orpelli electro per farla bagnare nel buon whiskey, la sola cosa giusta da fare per uno che viene dal Sud, proiettandolo così tra la rosa dei nomi da cui in futuro fare riferimento ed affidamento. Di qui in poi e’ storia, una piccola storia certo, ma una delle tante piccole storie che riempiono la vita.
IRON & WINE
The Shepherd’s Dog
Sub Pop
Ancora Sub Pop, e ancora un passo in avanti per Iron & Wine.
Smessi da tempo i panni di solitario folk-singer, ha reclutato gli amici Calexico Joey Burns e Paul Niehaus per dare una continuazione ad In The Reins Ep, che vide per la prima volta i tre collaborare insieme.
Il tour che ne seguì per sua stessa ammissione lo segnò profondamente tanto da maturare la volontà di continuare il sodalizio per questo Shepherd’s Dog.
Con più di un passo nella classica Americana del duo dell’Arizona, il disco racchiude la bellezza della vita matura e la consapevolezza di un musicista straordinario, pienamente padrone delle sue possibilità.
Dall’andamento quasi balcanico del duo Pagan Angel e White Tooth Man, alle spazzole e polvere di frontiera che e’ Lovesong of The Buzzard, fino ad una delle più splendenti gemme del Cane del Pastore di cui Carousel si fa capostipite che anticipa peraltro l’altrettando eccellente blues shamaico di House By The Sea.
Innocent Blues invece, su un tappeto di banjos gioca con i tasti di un vecchio piano, in una domenica mattina dopo la messa delle undici, mentre Wolves (Song of The Sheoherd’s Dog) riprende l’attenzione per il ritmo incalzante di inizio disco.
Menzione speciale infine per il singolo Boy With A Coin, passo vagamente simile ai colleghi Gibbard&Tamburello che farà di sicuro sfracelli nelle indie-charts.
Autore: Sandini Alessandro
www.ironandwine.com – www.myspace.com/ironandwine