Sette anni dopo un album d’esordio piazzato alla Top Five, e poi quasi una carriera stroncata per minacce di morte, Ren Harvieu ritorna con Revel in the Drama, un’esplosione brillante di pop classico, sontuoso, elegante, raffinato, che accompagna le confessioni di un diario di lotta, autostima, tensione, sopravvivenza, liberazione dopo i brutti momenti. Più che un secondo album, un nuovo album di debutto.
A proposito di esordi, i suoi sono tra i più strani nella storia dei musicisti con talento: a 17 anni aveva messo le sue canzoni su My Space per vantarsi con un suo ex, ed ecco comparire nientemeno che la Island Records, che le produce Through the Night. E dopo una entry in Top 5, un BBC’s Sound 2012, una recensione cinque stelle di The Guardian e TV exposure, arrivano le minacce di morte e le ferite e contemporaneamente la separazione dalla Island. E poi la separazione dal fidanzato, dal manager, e dalla sua amata città natale di Salford.
Chiunque sarebbe stato stroncato, e invece lei piazza il ricordo di questi anni bui nelle intensissime e intime Spirit Me Away e in You don’t Know Me e ne fa linfa per questo nuovo disco. “Dovevo andare via, ripartire daccapo, ricostruirmi”. La chiave di questa ripartenza, come lei stessa racconta, è l’incontro con Romeo Stodart, frontman dei Magic Numbers, con cui inizia a co-scrivere nel 2015: “l’energia fu subito diversa da tutto ciò che avevo provato con chiunque altro. Stavamo svegli tutta la notte a bere, danzare e fare musica. Sentivo che stavo riscoprendo l’adolescente nascosta in me. Dicevo a Romeo: non voglio solo disegnare quadretti, foglio fare festa nel dramma della mia vita, raccontare il buono e brutto, prima ero spaventata di dire qualcosa nei miei testi, ora sono libera”.
Completa l’ensemble Dave Lynch, altro co-produttore, ed effettivamente il trio è stato capace di generare un album sofisticato, elaborato, attentissimo a suoni e strumenti, autentico capolavoro di post-produzione in cui chitarre, archi, tastiere, fiati, controcanti, dialogano tra loro senza mai stonare, come subito nel pezzo di apertura Strange Thing, ricchissimo di sfumature e dall’atmosfera deliziosa dettata dal piano, o nel quasi waltzer dell’autoironica Teenage Mascara, oppure, per contrasto al tono gioco e allegro dei primi pezzi, nel tono cupo e gotico di Cruel Disguise, che entra con chitarre rampanti e aggressive. Già nei primi cinque pezzi, come si vede bene in This Is How You Make Me Feel, si nota che piace molto a Ren variare il ritmo e toni durante la canzone, come pure nelle strofe di This is Our Love, mentre sceglie la ballata lenta per l’inno femminista di Curves and Swerves, dove emerge tutta la sua impostazione musicale classica, swing e dunque molto fifties.
Altra ballata è il singolo Yes Please, ma di impronta molto diversa: Ren la definisce “una lenta e sensuale danza di desiderio. Volevo scrivere sull’arte della seduzione e il potere stuzzicante di essere un impenitente essere sessuale”. E ci riesce perfettamente, trovando la giusta alternanza fra cantati in falsetto e voce profonda e seduttiva, mentre canta “sei sicuro di voler giocare col fuoco” e il coro risponde “Yes Please”.
Il proprio corpo è di nuovo protagonista nella ballata soul con finale rock di My Body She is Alive che, considerato la sventura subita, è un’affermazione da prendere letteralmente di sopravvivenza e voglia di vivere. “here is your life”, dice a se stessa nel finale ripetutamente, come a ricordare che la vita è di nuovo qui, davanti, a sfidarla.
Spesso in questi pezzi Ren parla a se stessa più giovane, come nel suo pezzo forse più bello del disco, Little Raven, gioiello di composizione melodica. Del resto il titolo stesso del disco è nella sua dichiarata intenzione di far festa nel dramma che ha vissuto e subito e da cui si è per fortuna ripresa, e tutta la tracklist si potrebbe dividere fra canzoni-dramma intime e tese, e canzoni-festa, gioiose allegre e seduttive.
Ne consegue un autentico capolavoro, un album dove ogni canzone è una perla, a se stante, un racconto unico e isolato, un composizione musicale nel più autentico senso della parola, un album da autrice classica, una sorta di versione pop di Grace di Jeff Buckley, con voce femminile alla Marlene Dietrich. Un’esplosione incredibile di arte e un talento da non perdere di vista.
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autore: Francesco Postiglione