Son stati sufficienti due lavori autoprodotti, un primo Ep ed un album, “Maciste In Paranoia”, a farsi largo nell’underground italiano, tanto da essere notati, presi sotto braccio e condotti al primo vero disco da Karim Qqru, batterista degli Zen Circus. I Progetto Panico, originari di Spoleto, si formano nel 2010, composti da Enrico Carletti alla chitarra e al microfono, Luca Benedetti al basso e Leonardo Mariani ai tamburi, e fin da subito la loro pasta è caratterizzata da agilità e rapidità, spigliatezza e sfrontatezza. Il tutto si riversa in questo disco, dal titolo “Vivere Stanca”, uscito il 20 marzo scorso per la nostrana Tirreno Dischi, fresco e brillante per tutte e dieci le tracce anche se con lampanti sprazzi di immaturità, dovuti ad eccessive dosi di irruenza e impulsività.
Siamo andati a sentirli dal vivo all’Hiroshima Mon Amour di Torino, dove hanno aperto il concerto sotto la Mole dei padrini Zen Circus, per farci qualche idea più precisa. Ciò che emerge in modo evidente sono le liriche a presa rapida, di quelle che si piantano in testa e non se ne vanno, tipiche del pop punk più genuino, specialmente i ritornelli che coniugano tempra e fascino. Per il resto, tanta ruvidezza, un punk leggero fatto di schitarrate fulminanti e ritmiche costanti, qualche elemento del folk più spigoloso e una composizione frivola, che punta all’immediatezza e alla schiettezza prima di tutto. A tratti, sarà per le chitarre fulminee che si susseguono in modo efficace o per i vocalizzi e la loro vivacità (che raggiunge il culmine nei concerti), sembra di sentire i primi Zen Circus, gli episodi più docili di Doctor Seduction per capirci. E proprio per questo non ci si stupisce della volontà di Karim Qqru di collaborare, di provare a trarne il meglio da questo massa vigorosa, ancora acerba, del trio umbro, anche nell’insolita veste di produttore.
Questo approccio spontaneo viene coronato dalla scrittura di testi vulcanici, che spesso sconfinano oltre i limiti del demenziale. Non che siano privi di alcun significato; non che manchi in loro un seppur minimo messaggio; no, ma specialmente in alcuni brani l’intento primo sembra quello di strappare un sorriso, attraverso una marcata vena ironica o illogica. Paradigmatica è l’intera, ed esteticamente povera, Frankie Malocchio e il gatto che ne è il protagonista, così come i ritornelli di Luigi, traccia spigolosa e mutevole, e alcuni passaggi di Riviste, devota all’impulsività. I Panico sono anche capaci di plasmare un brano sopra poche, ma ben assemblate, dissonanze: è il caso di Anni 90, la più sofisticata dell’intero album, e di Assenza e Limite, dove protagonista è, grazie al lirismo, l’approccio melodico. La venatura più violenta e travolgente, l’anima da pogo è, in fondo, sempre presente, ma raramente sa prendersi la scena, come riesce a fare in La Mia Amica, dove sembrano riecheggiare gli Zen Circus più sfrenati, e Questione di Quanti, semplicemente punk. E Allora Godi, canzone d’apertura, e Oh Mamma sono le sintesi del Progetto Panico, visto che contengono tutti gli elementi messi in campo dalla band: franchezza, ultrarapidità, impulsività e brutalità, tutto in salsa punk. La chiusura è affidata a Vivere Stanca, che meglio non potrebbe negare il resto della tracklist, vista la sua impronta melodica, la base acustica e la rassegnazione e la dolcezza della trama. Lavoro interessante, dunque, seppur immaturo e informe ancora, ma che sotto una guida affidabile e precisa potrebbe diventare molto più trascinante e preciso. Un progetto interessante, quantomeno.
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autore: Simone Pilotti