25 marzo 2022: dopo nove anni, l’attesa dei fan è finalmente finita, e i Placebo fanno uscire nel mondo il loro disco più ritardato, più atteso, e ovviamente anche più annunciato, della loro intera discografia. Il grande annuncio viene accompagnato dal nuovo singolo, il terzo, Try Better Next Time, all’insegna della continuità con uno dei due classici volti del Placebo sound.
Il primo singolo, Beautiful James, lanciato a settembre, interrompeva un silenzio di inediti che durava cinque anni, tanto quanto è passato da Jesus’son, l’inedito presente nella raccolta di hits del 2016, a Place for Us to Dream e nell’EP Life’s What You Make It.
Va detto in effetti che dal 2013, anno di uscita di Loud Like Love, a questo nuovo disco, Never Let me Go (SO Recordings), i Placebo non sono affatto stati fermi. Alla raccolta di successi e all’EP hanno fatto seguire un tour, arrivato anche a Milano, per i loro 20 anni di attività, nonché un meraviglioso concerto Unplugged per MTV, registrato a Londra. La raccolta di hits, come già la prima del 2004, Once More with Feeling, conteneva poi vari brani mai presenti su disco, ma erano principalmente cover, come appunto in Life’s what you Make It (la title track è cover bellissima dei Talk Talk), o versioni dal vivo di canzoni già note, come Twenty Years.
Insomma, tante attività e concerti, e anche alcuni progetti solisti collaterali (per la prima volta, per Steven e per Brian separatamente) ma dal tardo 2018 Brian Molko e Steven Olsdal si erano effettivamente chiusi in sala di registrazione. Poi, come per tante altre band, è arrivato il Covid, i rimandi, i ritardi, l’annullamento dei tour di promozione: per l’Italia, fu annullata una data del 29 giugno 2020 a Mantova in cui già il duo avrebbe dovuto presentare brani del nuovo disco.
Dopo il 2021, altri ritardi dovuti alla post-produzione hanno portato un disco già annunciato nel 2019 ad uscire appunto nel 2022. L’attesa era diventata enorme, anche perché i Placebo hanno cavalcato le aspettative dei fan con tanti diversi annunci, soprattutto legati a una presunta tendenza sperimentale del nuovo disco.
Fino appunto all’uscita di Beautiful James, un brano che racchiude e riassume l’intero disco, in un certo senso, poiché suona nuovo e contemporaneamente tanto tipico per il sound della band.
Giocato su soli due accordi, il singolo di lancio è immediatamente suadente, pieno di riff geniali, autenticamente alternative rock, e provocatorio nel testo al punto giusto, trattando di un amore omosessuale fra un adulto e un adolescente, alla lolita di Nabokov. Molko al proposito ha aggiunto pepe alle voci sul brano con questo commento: “Se il brano irriterà i conservatori, allora va bene così”.
Ed in effetti, in tutto il disco e non solo in questo brano i Placebo ritornano al loro volutamente nichil-drug-cinismo testuale, basti pensare che nella canzone di apertura Brian canta, a proposito delle droghe che annullano la memoria: “va tutto bene quando niente conta, va tutto bene quando a nessuno importa, va tutto bene se non sento niente e se non sono presente”.
E poco dopo, nella terza traccia, Hugz, l’abbraccio, simbolo massimo di affetto, diventa tranello: “un abbraccio è solo un altro modo per non guardare in faccia, uno scherzo è solo un altro modo per dire la verità”. Siamo davvero al trionfo di quella provocatorietà paradossale che ha reso meritatamente celebri i testi dei Placebo.
Veri maestri nel rappresentare in maniera bipolare (fascino e corruzione) la condizione di disperazione e alienazione dovuta soprattutto a droghe e medicinali (si veda nel passato Meds, Commercial for Levi, Hold on to Me, A Million Little Pieces), in Never Let Me Go i Placebo trovano terreno fertile dopo due anni di isolamento e di Covid.
Nelle canzoni del disco ritroviamo davanti paesaggi colmi di insofferenza o di sofferenza interiore (Beautiful James, Happy Birthday in the Sky), divisioni (Fix Yourself, Twin Demons), esasperazioni tecnologiche (Surrounded by Spies) e voglia di fuggire (Prodigal, Chemtrails)
Il secondo singolo è proprio Surrounded By Spies, brano inpotico che contiene molte delle novità sperimentali annunciate dalla band, dove non si usano mezzi termini e si affronta l’erosione della privacy legata alla iper-diffusione dei mezzi tecnologici (tema già affrontato in Too Many Friends, peraltro, del disco precedente), mentre la voce di Brian Molko provoca un senso di claustrofobia, come se le pareti si stessero stringendo intorno a noi. E’ un brano completo, difficile, suggestivo, evocativo, lobotomico, stile Nine Inch Nails, ed è quello in cui si raccoglie molto della novità del disco, rispetto al quale Molko ha raccontato la sua genesi: “Ho iniziato a scrivere questo testo quando ho scoperto che i vicini mi stavano spiando per conto di qualcuno con un piano folle. Poi ho iniziato a riflettere sui mille modi in cui la nostra privacy è stata compromessa e ci è stata del tutto tolta con l’introduzione delle telecamere a circuito chiuso che adesso utilizzano tecnologie di riconoscimento facciale razziste, l’arrivo di internet e dei cellulari, che hanno trasformato praticamente chiunque in paparazzi o spettatori delle loro stesse vite, e di come quasi tutti noi abbiamo dato accesso alle nostre informazioni a giganti multinazionali che hanno il solo scopo di sfruttarci. Ho usato la tecnica del cut-up inventata da William S Burroughs e resa famosa nella musica moderna da David Bowie. È una storia vera raccontata attraverso un velo di paranoia e disprezzo per i valori della società moderna e la deificazione del capitalismo della sorveglianza. Il narratore è allo stremo, disperato e spaventato, completamente in disaccordo con il nuovo progresso e il dio denaro”.
Sia nel primo che nel secondo singolo Brian usa la tecnica narrativa che gli è più consona ovvero fa narrare il misfatto dal colpevole/vittima, che qui è il paranoico mentre in Beautiful James è il peccaminoso amante, tecnica di immedesimazione che raggiunge volutamente il suo perfetto opposto, ossia lo straniamento, e nella quale, dal punto di vista testuale, i Placebo sono sempre stati maestri assoluti.
Try Better Next Time, il terzo singolo, è invece un brano allegro e positivo, in salsa satirico-ecologista, gioioso e sprintoso, non certamente una costante per i Placebo, ma pur sempre sulla scia, ben frequentata soprattutto negli ultimi anni, di brani passati come Loud Like Love, Jesus Son, Bright Lights.
Fin qui i singoli, scelti accuratamente perché riassumono e sintetizzano le varie anime del disco, la parte colorata e solare, la parte paranoica, la musicalità espressionista portata all’esperimento (vedi la parte di batteria del ritornello di Surrounded by Spies) e insieme il sound classico della band.
Ma il disco, di 13 tracce, per fortuna non si risolve nei suoi singoli. Canzoni interessantissime sono anche Forever Chemicals, ottima introduzione di puro industrial al disco, Hugz, il pezzo più rock, letteralmente dirompente e arrabbiato, e una sezione impressionante, forse la parte più bella del disco, dalla traccia 8 alla traccia 10, che è costituita da Sad White Reggae, dal groove irresistibile, Twin Demons, cattiva e rockettara come i Placebo sanno essere, e Chemtrails, dove si concentra tanta energia e anche tanta novità musicale. Prodigal, poi, intermezzo fra i singoli, con i suoi archi e la sua media solarità è un’altra apprezzatissima perla del disco.
Il disco però non è quella svolta sperimentale annunciata da Brian: il sound dei Placebo è perfettamente costante, tipico, anzi, a volte troppo direttamente evocante canzoni passate, specie del disco precedente. Ai primi ascolti, infatti, Never Let Me Go sembra quasi un Loud Like Love part II, dove Try Better Next Time fa la parte solare che lì era della title track, e le altre canzoni, quasi tutte oscure, riprendono troppo direttamente negli accordi e nei riff certe soluzioni di Begin the End, Hold On to me, A Million Little Pieces, con Hugz che un po’ assomiglia a Purify. Questo difetto si trova soprattutto nei quattro lenti del disco, Happy Birthday in the Sky (canzone scritta per la morte di un affetto, ma francamente un po’ troppo retorica e poco energica), in This is What You Wanted (dove l’intro di piano ricorda troppo da vicino quella di Too Many Friends) e Went Missing e Fix Yourself, simili fra loro nella lentezza e troppo simili a canzoni dei due precedenti dischi.
Eppure in passato i Placebo hanno regalato delle ballad memorabili, come Passive Aggressive, Blue American, Come Undone, Kings of Medicine, ma stavolta non riesce loro di emozionare con i lenti.
Per fortuna, ci sono le altre canzoni, che sono la maggioranza, ovvero le prime tre e un’intera fila di bellissime e dinamiche melodie dalla track 5 alla 10. Qui il difetto è semmai un eccessivo cerebralismo, uno sforzo musicale troppo di testa e poco di cuore: di certo sta che i Placebo hanno abbandonato da anni il loro glam-punk immediato e grintoso delle origini (quello dei primi due dischi) per tuffarsi, sin dai tempi di Black Market Music, nell’alternative rock, alla ricerca di riff prodotti non da semplice chitarra e basso. In questo disco è come se torcessero al massimo possibile la loro vena musicale, alla ricerca di soluzioni che suonino in qualche modo nuove pur girando su accordi e sound già utilizzati. Manca appena un pizzico in più di energia e ritmo, e forse questo dipende anche dal fatto che i due Steve batteristi storici, Steve Hewitt dagli esordi fino a Battle for the Sun e Steve Forrest da Battle for the Sun al 2015, non fanno più parte della band, e quindi dal 2015 i Placebo hanno solo turnisti alla batteria.
Nonostante questi (pochi) difetti, Never Let me Go rimane comunque un disco apprezzabilissimo di pieno sound Placebo, migliore del precedente, e questo già è una buona notizia, e forse sarebbe stato ancora più apprezzato senza il precedente, di cui come detto riprende qualche sfumatura e nota musicale, generando inevitabile effetto di già sentito. Dopo 9 anni era legittimo pretendere qualcosina di più, ma di certo la vena creativa non è esaurita, ed è quello che i due dovevano dimostrare dopo gli ultimi due dischi affascinanti ma un po’ troppo statici. Il trionfo del disco anche sul piano della risposta della critica fa pensare che per i Placebo, che anagraficamente arrivano ai cinquanta oramai, c’è ancora strada da fare e da offrire.
Intanto, i fan potranno “verificarli” alla prova del live, dove Molko e Olsdal hanno sempre dato il meglio, e per l’Italia la buona notizia è che alla data di Mantova recuperata dopo la pandemia si sono aggiunte quella di Firenze del rock festival, 17 giugno, e una totalmente nuova, il 27 ottobre, a Milano al Forum di Assago. Finalmente l’occasione per vederli dal vivo anche fuori Milano, loro tappa quasi unica da molti anni a questa parte, e anche per questi live l’attesa dei fan è ormai alle porte.
https://www.placeboworld.co.uk
https://sorecordings.com
https://www.facebook.com/officialplacebo
https://www.youtube.com/placebo/videos
autore: Francesco Postiglione
Placebo – Never Let Me Go tracklist:
Forever Chemicals
Beautiful James
Hugz
Happy Birthday In The Sky
The Prodigal
Surrounded By Spies
Try Better Next Time
Sad White Reggae
Twin Demons
Chemtrails
This Is What You Wanted
Went Missing
Fix Yourself