I Sorry-Ok-Yes sono un duo alternative-rock formato nel 2007 a Milano da Davide Materazzi e Simone Ferrari che in seguito al primo EP del 2007 hanno riscosso molto successo tra Italia, Inghilterra e Stati Uniti venendo definiti i Kinks del ventunesimo secolo. Dopo una collaborazione del 2009 con Mac dei Negrita, viene finalmente prodotto “Rubberized “ primo disco della band uscito pochi giorni fa. L’album è una confezione di 34 minuti di puro rock and roll a volte rumoroso, a volte armonico, intrecciato con i dovuti suoni blues.
La melodia è ritmica, mai troppo elaborata e pur sempre costante nell’andamento dei pezzi che si susseguono senza sosta in una sonorità old style che a volte non si ha la sensazione di ascoltare un gruppo odierno.
La chitarra è pizzicata, la batteria accarezzata e le voci sono spesso distorte al punto giusto. Alcune volte toccano sonorità garage e psichedeliche dei BRMC senza mai esagerare con le sfumature e l’attrito delle note. L’intero lavoro sembra troppo controllato e a volte tende un po’ a perdere in brillantezza, caratteristica che precedentemente aveva marcato il duo. Nonostante ciò troviamo degli ottimi pezzi che pur rimanendo nel loro genere stilistico ben definito e mai troppo ricercato, sono orecchiabili e piacevoli. “Keep on Going Home” è un esempio, così come “Toast”, in cui la batteria tiene un ritmo incessabile, accompagnata a sprazzi dal suono duro della chitarra. “Sixteen”, che dal titolo non richiama altro che il famoso periodo, è un misto tra ballata shoegaze e puro rock and roll.
La voce è coperta da uno strato di effetti spessi e i piatti risuonano costantemente metallici. “Idiositi” è sicuramente la traccia migliore dell’intero lavoro: un mix perfetto di hard rock e cori in falsetto che richiamano a tratti il glam rock ormai perduto. Un po’ diversa dalle altre tracce è “Undevo”, più dura ma melodica allo stesso tempo; troviamo ancora una volta una batteria che ricopre il ruolo di motore propulsore a dettare il ritmo pizzicato a intervalli dalla chitarra. Il prodotto è buono ma rimane pur sempre in un genere, come detto precedentemente, che non ha la voglia, forse fortunatamente, di uscire fuori da uno schema basilare fatto di rock preziosamente influenzato da sfumature troppo classiche.
Autore: Melissa Velotti