I Lo-Fi Poetry sono un Trio di Vicenza che consegna al mercato il secondo e.p.“La mia band” con 5 pezzi, dal forte contenuto emotivo: c’è chi lo troverà nella ritmica grintosa e distorta, chi nello struggente fascino dei testi e chi nella multi personalità esecutiva.
Il disco riserba tutto questo, sempre incline alla buona vibrazione, alla ponderazione socialmente preziosa e riqualificante, alla presa di coscienza salvitica. L’ingresso è demandato alla gustosa title-track, modellata con stoppati di chitarra e beats d’elettronica , al servizio di un sarcasmo pregnante che riassume tutti i rilievi ricevuti dal combo su come dovrebbero muoversi o in cosa latita il loro sound: ne scaturisce un brano beffardo e divertente. In ‘Gli umori di te’ subentra al canto l’ugola ospite di tal Rozalda, bravissima nel sostenere un tracciato d’intensa new-wave oscura con grinta adeguata e quel pizzico di cattiveria vessatoria che sposa bene la causa: perla assoluta dell’opera.
Rientra la voce di Massimo Milan con la scheggia impazzita di ‘Lo spettacolo era orrendo’, in un turbinio delirante d’elettronica stratificata e fremente, in chiave noise-punk, in cui i loops a briglia sciolta fan girare un dinamismo incontrollato e spiazzante.
Le soluzioni assemblative dei Lo-Fi Poetry è un gran varietà di stili, rumori, ed effetti carismatici, in cui lo spoken-word dell’aedo Milan sa per(f)orare l’anima senza prevaricare con arroganza, ma con umile discrezione retrò e le chitarre di di federico Specht e Marco Matteazzi, riservano quella speciale malleabilità idonea a sostenere cotanta formulazione esecutiva. L’altra pepita del discoluccica in ‘Non svegliarmi questa mattina’: qui, la delicatezza narrante dello spoken-singer è contornata da un dolce pianoforte per evidenziare una gamma di storture che imprigiona la gente, in un percorso di vita disgregante e violento, al solo scopo di rincorrere il Dio-denaro o placare la frustrazione con folli aggressioni assurde senza una logica concreta: un testo da brivido, che ci fa riflettere (non poco) sull’odierna destabilizzazione umana.
Dentro ‘Quello che rimane’ l’oratoriadi Massimo si fa più cospirativa e ieratica, con la pressante formula di e-drums, chitarra acustica e veli d’effettistica, per rimarcare l’invito a non consegnarsi mai alla mediocrità spersonalizzante ma, piuttosto, a riappropriarsi della propria vita con slanci inediti che non mirino a vuoti successi provvisorio ma a combattere un certo pragmatismo egoista. Se c’è una poesia a bassa fedeltà non è certo quella dei Lo-Fi Poetry ma è semmai, un’elevata umiltà che li porterà a riscuotere applausi scroscianti tra la gente “pensante”. Ma, ci si chiede: in realtà quanta ne è rimasta di questa gente disposta ad aborrire la competizione disumanizzante e la filosofia (?) dell’arraffo facile in cambio di tornare a perseguire il modello di vita dei nostri genitori, prima snobato ed ora rivalutato?
Spargiamo voce ed estendiamo l’invito: non si sa mai che.….
autore: Max Casali