Si può fare un bilancio, all’inizio del 2009, su questa nuova onda della new wave degli ultimi 4 anni. Nato come semplice fenomeno revival, quardato all’inizio con scetticismo generale – specialmente da chi gli anni 80 li ha odiati, perché vissuti male – il fenomeno ha avuto però delle punte eccellenti – National, Editors, MGMT, Interpol, Franz Ferdinand… – ed un livello medio comunque alto; ha poi permesso di ristampare e far conoscere in giro tante band di 25 anni fa che nessuno ormai si filava più, o che addirittura nessuno si era mai filato neanche all’epoca, come i gruppi milanesi della recente, bella compilation archeologica della Spite intitolata ‘Milano New Wave 1980-83’; infine, la verietà, è stato l’elemento più sorprendente, perché gli anni 80 contenevano di tutto: dai dark al post punk all’electro, dall’industrial alla disco cotonata ai romantici depressi, e negli ultimi mesi infatti hanno debuttato molte band, ognuna specializzata ed orientata su un aspetto specifico di quel lontano fenomeno, ormai generalmente rivalutato in ogni sua forma, malgrado all’epoca, mi pare di ricordare, ogni movimento aveva una propria identità di gruppo, e ogni gruppo odiava gli altri.
Questi giovanissimi Ra Ra Riot di Syracuse, New York – Alexandra Lawn (violoncello), Rebecca Zeller (violino), Wes Miles (voce), Milo Bonacci (chitarra), Cameron Wisch (batteria), Mathieu Santos (basso) e John Ryan Pike (batterista) – sono un’ennesima band esordiente, ma già con una tragedia alle spalle: la morte del primo batterista John Pike, durante l’incisione dell’album, l’Estate scorsa. Musicalmente con due palle così, il gruppo non propone certo nulla di nuovo – come nessuno fin qui ha saputo, o voluto, fare, neanche tra i big – ma tutto sommato merita il successo che sta ottenendo, e quest’album intitolato ‘The Rhumb Line’ è orientato in maniera chiara, ma con una certa scioltezza, sulla wave esistenziale degli Smiths – pur essendo loro americani – con una quasi impercettibile tensione post punk che s’avverte specialmente nelle prime tracce, che cede poi il passo, più avanti, ad un’attitudine pop ed emo, derivante dall’uso abbondante di violino e violoncello, che gonfiano l’aria di romanticismo e languore, ma attenzione: i Ra Ra Riot suonano sempre mediamente sostenuto, senza intellettualismi, e – cosa importante – i loro pezzi finiscono sempre quando è il momento, dopo 3 minuti e mezzo, così che l’album è fruibilissimo; proprio, del resto, sullo stile degli Smiths, che ci scaricavano addosso tonnellate di tensioni esistenziali ed autocommiserazione, ma ad un ritmo piacevole e digeribile. Diverse belle canzoni, ed un livello medio discreto, e se in Autunno parlammo forse fin troppo bene dell’ultimo dei We Are Scientists, beh: i Ra Ra Riot sono al momento attrezzati almeno quanto loro.
Autore: Fausto Turi