Spesso, le compilation sono rilasciate per una mera operazione nostalgica ma, fortunatamente, qualche caso riserva anche sorprese rilevanti come questa “Milano after punk”: una lista di ben 18 tracce di gruppi della scena meneghina del 1979 che, all’epoca, passarono quasi inosservati o facevano breccia in ristrette nicchie di fans ma che ora (speriamo!) possano essere valorizzati in maniera adeguata attraverso questa raccolta da non sottovalutare e, magari, capace di produrre un meritato “hype”. Ma le bands, come riuscirono a catturare i fremiti di quel gran fragore punk datato 1977? Grazie al cielo, oltre all’apporto del New Musical Express, era anche il periodo che, qui da noi, si davano alle stampe decine di fanzine, per lo più ciclostilate, ma che rappresentavano la Bibbia informativa per le news provenienti dalla terra d’Albione. Resisteva più che mai l’analogico, con la cara, vecchia cassetta (oggi rivalutata), leader assoluta dell’incisione, la quale fece in modo di incastonarsi, all’unisono, in un chorus collettivo che incendiò all over Europe. I pavesi Aus Decline inaugurano il disco con “Goin’ on jot” con soluzioni ossessive che abbracciano gli stilemi dei Devo, cosi come “Meeting Mc I” dei 2+2=5; mentre l’asetticità elettronica di “Cosmic deasease” degli Oh,Oh Art, è un chiaro richiamo a maestri come Ultravox e Depeche Mode. Con “Drowning” ci pensano i Der Blaue Reiter ad ottenebrare il mood con un’algida esecuzione à là Joy Division, in cui spicca la notevole somiglianza vocale con Ian Curtis. Invece, i Cast of Thousands, con “Hit my mum” si spostano su atmosfere più estranianti e carismatiche. Meritano particolare citazione gli ardimentosi Monofonic Orchestra, che in “Overground” si cimentano in un electronic-mantra strumentale del tutto inusuale. Nel momento che scorre “House you never lived “ degli After Budapest, la scarnificazione sonora si fa più intensa con un’occhiolino strizzato ai mitici Kraftwerk. Le paranoica “Blitz” e “Quartet” dei Nobody sono cristalli di surrealità sci-fi e lascia alquanto interdetti, ma nell’accezione positiva. Invece i giri orecchiabili di tastiera auscultati in “Brave runner”degli Actor’s Studio fanno parte di quel campionario synth-pop anni ’80 che fece la fortuna di molti. Chiude l’electro-funk “Body and soul” in cui gli State of Art (Mark II) stendono, nel tappeto strumentale, una bella sezione fiati che rimanda ai gloriosi Dexy’s Midnight Runner. Di certo, ad ascolto ultimato, affiora un piccolo rimpianto: se le formazioni qui presenti ci avessero creduto di più, (ovviamente supportati da impresari più determinati ed influenti) e, con un impegno maggiore nel curare le soluzioni assemblative, sono convinto che la loro voce avrebbe varcato confini d’oltralpe. In ogni modo, reperti sonori di assoluto interesse.
http://beta.goodfellas.it/italy/8033706210925-milano-after-punk.html
autore: Max Casali