Buon lavoro Present Tense, però ignorato quando si è trattato di tirar fuori i dischi dell’anno.
Non se ne faranno certo un cruccio i Wild Beasts: lo sanno che è piaciuto a tutti.
Il punto è che nel 2014 ci son stati troppi album importanti per favorirne uno così romanticamente wave e technopop. E se la formazione di Kendal è stata battuta su un terreno continguo dai Future Islands ad esempio, è solo perché questi ultimi son stati capaci di smarcarsi un po’ più in là dalla comfort zone del genere e questo li ha premiati.
Questo è quello che si crede o si dice in giro: i soliti peccati di superficialità.
Dopo l’ottimo Smother, Present Tense conferma i Wild Beasts tra i nomi di punta di quell’indie-pop androgino che insieme a gente come Perfume Genius e Twin Shadow continua ad alimentare certo hype che sbaglia a chiamare tutto genericamente indie-pop sminuendo l’eleganza oscura di una raffinatissima A Dog’s Life o l’austerità di una New Life che potrebbe perfino piacere a chi ascolta i These New Puritans.
Non si preoccupino però troppo i dancer in the dark, c’è pur sempre una Wanderlust a trasporre gli ottanta di Soft Cell e New Order negli anni dieci, una Mecca – questa si molto Alt-J – o una Sweet Spot a tenere alto il potenziale commerciale della proposta e se tanto non bastasse, procurarsi allora la special edition con remix perfino di The Field, Foals e Juan Atkins.
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autore: A.Giulio Magliulo