Il dramma che vive Los Angles in questi giorni è raccontato abbondantemente dai media di tutto il mondo, purtroppo solo chi vive e conosce la città riesce a valutare la realtà dei fatti e comprenderne la gravità. Interi quartieri sono andati in fumo, roghi alimentati dal vento che da settimane bruciano tutto “democraticamente”. Nessuno è escluso dai danni generati dal fuoco, ricchi e meno ricchi, attori e rockstar come le famiglia medio borghesi, fabbriche e i suoi lavoratori proletari… tutti sono coinvolti. Ed è solo una tabula rasa. In questa tristissima vicenda però si incomincia ad alzare la testa per reagire, la catena di solidarietà è partita da giorni per assicurare i beni di prima necessità, anche gli artisti si stanno organizzando per portare sollievo, sia economico che di spirito. Per raccogliere fondi il 30 gennaio prossimo si riuniranno artisti del calibro di Red Hot Chili Peppers, P!nk, Earth Wind and Fire (mai nome fu meno appropriato), Billie Eilish, Green Day, Gwen Stefani, Katy Perry, Lady Gaga, Rod Stewart, Sting e tanti altri si riuniranno al Fire Aid. A questo link maggiori info https://fireaidla.org/
Anche la comunità musicale più underground si sta mobilitando e tra questi troviamo un artista (non solo cantante ma anche pittore) che deve molto alla Città degli Angeli. Jospeh Arthur, che sarà in Italia a marzo per due tappe di cui una esclusiva a Napoli il 16 marzo (presso Auditorium900), ha scritto una canzone dal titolo “We Will Rise Again“.
Arthur, nel corso del 2025 pubblicherà un nuovo album e in solo, è un artista poliedrico e dalla creatività inesauribile, la sua musica sfugge a qualsiasi classificazione di genere, mescolando influenze che spaziano dal folk al rock, fino a sfumature più intime e sperimentali.
Scoperto nel 1996 da due giganti della musica come Lou Reed e Peter Gabriel (che lo mise sotto contratto per la sua Real World Records), Arthur si è affermato come una delle voci più originali della scena musicale contemporanea. Con una discografia di oltre quindici album, ha esplorato mondi sonori sempre nuovi, dimostrando una capacità unica di reinventarsi senza perdere la propria autenticità. Oltre alla carriera solista, ha fondato band di successo come The Lonely Astronauts, Fistful of Mercy (insieme a Ben Harper) e RNDM (con Jeff Ament dei Pearl Jam), arricchendo ulteriormente il panorama musicale con progetti collaborativi di grande spessore.
Attualmente è il cantante del supergruppo Silverlites formato da Peter Buck dei R.E.M., Rich Robinson dei Black Crowes e Barrett Martin degli Screaming Trees/Mad Seson/Tuatara che per conto della Sunyata Records ha pubblicato un album co-prodotto da Jack Endino (Nirvana/Soundgardn/Tad).
Le sue performance live sono una vera esperienza sensoriale: sul palco, Joseph Arthur si presenta come un angelo caduto dal cielo o una figura maledetta, capace di creare mondi sonori ipnotici utilizzando solo chitarra, pedali e microfoni. Le sue canzoni, essenziali e prive di artifici, catturano l’anima del pubblico grazie a una voce intensa e a melodie che restano impresse. Tra le sue principali influenze artistiche spiccano icone come Leonard Cohen, Bob Dylan e Jeff Buckley, che hanno segnato profondamente il suo stile.
Il suo talento ha ottenuto ampi riconoscimenti anche da altri artisti: la sua canzone “In the Sun”, considerata un classico della sua produzione, è stata interpretata da musicisti del calibro di Michael Stipe (R.E.M.), Chris Martin (Coldplay) e Peter Gabriel, a testimonianza del suo impatto nella scena musicale internazionale.
“Ho scritto una canzone di speranza e di restaurazione per i miei fratelli e sorelle di Los Angeles” – scrive Arthur in una lettera accorata e pubblicata sul sito ufficiale. “Sto organizzando una raccolta fondi con World Central Kitchen o è possibile anche donare direttamente dal sito https://donate.wck.org/fundraiser/6019460 o sul sito Josepharthur.com
“Tutti i miei sogni – continua – si sono avverati a Los Angeles. Ero un ragazzino nerd dell’Ohio che si ritrova sulla Sunset Strip al The Rainbow chiacchierando con Sam Kinison e John Ent cwistle, on la mia carta d’identità falsa che diceva che vivevo a New York, avevo solo 17 anni e così quando la cameriera di un ristorante mi disse che anche lei era di New York e mi chiese in che strada vivevo mi bloccai perché non ci ero mai stato. Ho lanciato un dardo in aria e ho tirato a indovinare «Main Street, ho detto». Ero lì per lo spettacolo del NAMM e per provare a suonare con il mio basso. Pochi anni dopo registravo il mio secondo disco con T Bone Burnett.”
“Ho sempre amato Los Angeles nonostante la battaglia d’amore con New York, vivendo le assurdità della costa orientale vostro la costa occidentale. E così, quando è arrivata la notizia degli incendi, mi sono sentito obbligato a scrivere e registrare una canzone di speranza e infondere coraggio alle brave persone che lottano per la propria città“.
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