di Clint Eastwood, con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Damon Herriman
Prima di tutto una domanda gerontologica (no, due): perché far recitare a Di Caprio la parte del canuto Hoover dopo aver visto lo stesso Di Caprio, nel medesimo film, interpretare “J. Edgar” giovane e saettante? E perché truccare da ottantenne con un accenno di Parkinson anche il sodale Clyde Tolson che sembra, non me ne vogliate, er fiodena dei Soliti idioti? Non era meglio utilizzare altri attori (Eastwood-Hoover, pazza idea)? Va bene, domanda inevasa fatta.
Ma Clint tira dritto: vuole piazzare Di Caprio su un piedistallo (e ci riesce), vestendolo da junior e da senior nei flash back da capogiro in cui s’arrotola vita morte e miracoli del creatore dell’Fbi. Alcuni hanno detto: altro che biopic, è solo una storia d’amore. Se è per questo lo sono il 90 per cento dei film di tutte le epoche, a parte quelli di Coppola. In effetti questo novecentesco sodalizio di amorosi sensi, in forma omo e quindi massimamente repressa, domina sopra e sottotraccia.
Però la battaglia contro le “minacce per il mio Paese” del secolo scorso – ora lo sappiamo Spiderman e Batman sono stati la trasposizione in mutande e mantello di Edgar -, e poi le tecniche scientifiche da Csi ante litteram, il rapporto mammone con la genitrice sul modello di Giovanni-re-fasullo-d’Inghilterra del Robin Hood Disney, formano il rosso dell’uovo (del film). L’albume che lo contiene e protegge è invece l’amore impossibile, ma impossibile davvero, tra il sergente di ferro e il caporalmaggiore del Bureau investigativo più efficiente d’Occidente, e che Scotland Yard ci perdoni.
Di Caprio è al top e Eastwood si lascia alle spalle le mestizie senili di Hereafter. Ridotti al minimo i momenti di pathos fasullo (la morte della madre), privilegiata l’azione e il rovello dei personaggi che non si indurisce in pippe retoriche. Giusto un po’ di machiavellica magniloquenza. Brava anche Naomi Watts, che però, ci risiamo, “invecchia” male. La tesi, scandalosa, è: Hoover era così – ruvido, spartano, oscuro monomaniaco – perché gay. O meglio per aver sacrificato alla ragion di Stato la sua omosessualità. L’American dream è un eterno American Beauty.
Autore: Alessandro Chetta