Lo strano ed intrigante mix di stili che generano con questo quarto disco i Captain Mantell è davvero interessante. Continuando ad omaggiare lo sfortunato capitano Thomas Mantell, che morì nel vano tentativo di seguire un UFO, da cui il leader, nonché omonimo, Tommaso Mantelli, ha preso spunto per dare nome alla sua creatura musicale. Per “Bliss” il trio si è ispirato ad musicisti e gruppi tra loro molto distanti dal punto di vista stilistico. I nomi che ci sentiamo di snocciolare sono Jack White, i King Krimson, i Beatles, i Nirvana, John Zorn, Jeff Buckley e i Morphine. Questi ultimi, come il jazzista newyorkese, sono ben rappresentati grazie all’utilizzo, spesso distorto, del sax.
I brani dell’album seguono ognuno un proprio percorso per cui è difficile dare una definizione o comprendere fino in fondo la strada intrapresa dal gruppo veneto. Tanto per cominciare il disco inizia con i quasi ventuno minuti e mezzo della title-track, nella quale il trio parte con un pop intelligente ed elettroacustico per poi passare alla ballata, quindi ad una sperimentazione che giunge al free jazz. A seguire brani che vanno dallo sperimentale minimal (“Picture me floating”) al rock esplosivo di “The age of black” nella quale sembrano che i Morphine abbiano ospitato per delle session The Beasts of Bourbon.
Eccitante poi il rock’n’roll vorticoso di “Ugly boy”, come i richiami al soul-r’n’b alla Graham Parsons di “Side on”. Come si è detto numerosi i cambi di stile per cui ad un certo punto il trio se ne esce con “The day we waited for”, un blues spettrale tirato e degno del connubio tra Mark Lanegan e Nick Cave, mentre il ghiaccio si scioglie con “Wait for the rain”, un buon rock vicino a quello di White Stripes e Black Keys.
Insomma in quindici brani il trio ha messo di tutto, utilizzando i vari stili in maniera intelligente, rendendoli tutti godibili, senza apparire derivativi ma rielaborandoli a modo suo con acume e passione.
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autore: Vittorio Lannutti