Errico Malatesta scruta severo in lontananza e cavalca il camaleontico sound dell’era evanescente idealizzata dai Lush Rimbaud. Per la precisione, il teorico anarchico campano monta in copertina una mucca-camaleonte a rappresentanza di un contenuto sì funambolico, ma fermamente circoscritto all’ambito noise – post-punk.
La band anconetana propone un suono sodo e compatto su voluminose strutture attorcigliate di synth e ritmica sferzante che si appoggiano pesantemente sulle chitarre del cantante Tommaso Pela e di David Cavalloro, effettive protagoniste della scena e che stabiliscono il destino di ognuna delle otto tracce, compresa “Sounds from a new era”, nella quale un Theremin poco affilato avrebbe dovuto tagliare il pezzo in due, invece di accoppiarsi al synth esclusivamente per canalizzare la cavalcata punk.
L’impatto sonoro di “The Sound of the Vanishing Era” è in ogni caso energico e vibrante anche se la band si distrae molto sulla stesura dei brani piuttosto di abbandonarsi senza impedimenti al suono, tant’è che le tracce sembrano più indicate per le performance dal vivo.
Del resto il live è la pura essenza del circuito noise, poco male se le navicelle spaziali di “The Sound of the Vanishing Era” sono poco indicate per navigare nello spazio, è sempre preferibile che sotto terra, gente come i Lush Rimbaud e tutti coloro che decidono di creare e tramandare una qualsiasi forma organizzata di rumore sviluppino e rendano concrete al meglio le proprie idee.
Autore: Luigi Ferrara