Concretizzando con questo nuovo disco per l’etichetta australiana Hidden Shoal – che segue ‘Sliding on Barents Sea’(2002) e ‘PreLight/InLight/PostLight’ (2003) – la colonna sonora ideale di un film inesistente, attraverso 8 tracce praticamente strumentali, i catanesi HC-B portano avanti tutto sommato un percorso creativo inverso rispetto al solito, suggerendo e stimolando, attraverso la musica, immagini e sequenze, laddove queste non esistono in partenza su uno schermo, ma piuttosto come punto d’arrivo, nella mente dell’ascoltatore. Le musiche del quintetto, specializzato nell’improvvisazione, tra ambient, post rock e tensioni dark sul genere Bauhaus e Godspeed You! Black Emperor, s’arricchiscono molto e si caratterizzano grazie al ricorso al clarinetto, specialmente nella prima parte dell’album, agli archi ed al theremin, che dona sapori spettrali ed emotivi a diversi brani. Belle anche talune cacofonie jazz, come in ‘Hot Afternoon in the Bulls’ Square’, e le trame musicali talvolta esili, che sfociano poi magari in architetture sonore grandiose e matematiche – ma non troppo, poiché prevale sempre la componente psichedelica – tipiche di un certo tipo di musica dilatata degli anni 70, ma con suoni moderni sempre perfettamente a fuoco: del resto il disco è stato remixato a Chicago da Bob Weston (Shellac). Difficile dire che tipo di film potrebbe mai essere, evidentemente non un film d’azione, dato l’incedere contenuto e quasi orchestrale – alle trame della formazione rock elettrica, s’aggiungono vari altri strumenti suonati da numerosi ospiti -. Potrebbe essere un thriller notturno, tipo i mediometraggi d’esordio di Lars von Trier, tipo ‘L’Elemento del Crimine’, o ‘Europa’… Disco semmai poco incisivo quando, nelle tracce più dilatate, la musica si sfilaccia, ci si distrae, e così idee interessanti rimangono piuttosto nel vago, mantenendo, si, un tono d’avanguardia, ma lasciando ben poco all’ascoltatore, oltre un tetro magone esistenziale e la sensazione d’angoscia, peraltro perfettamente coerente con la buia, suggestiva copertina dell’album. Più gustose le derive jazz, e l’uso del theremin, dove presente. Voci appena abbozzate e percettibili, che riprendono il tema principale, canticchiandolo, in un paio di tracce, aiutano a sfogare i lunghi crescendo strumentali in una valida soluzione che risolve il brano. Gruppo ad ogni modo molto coraggioso e navigato, apprezzabilissimo.
Autore: Fausto Turi