Non amo i dischi live. Non m’è mai piaciuta quella componente auto-celebrativa che inevitabilmente li contraddistingue. Non sopporto gli applausi del pubblico in primo piano, o – peggio ancora – le voci della platea che cantano le canzoni dei loro beniamini coprendone, o quasi, la musica. Per non parlare della presunzione di base: “catturare”, “imprigionare” l’atmosfera, l’adrenalina, il sudore, la tensione di un concerto per “immortalarla” in un disco.
Dici “live” e pensi – appunto – al “Live Dead”, a “Rattle and Hum”, a “Made in Japan”, a folle urlanti e cose del genere. Ascolti il live di Phil Evrum e complici, e vi ritrovi microfoni che fischiano, applausi miseri di una quarantina di fan al massimo, e addirittura le loro risate sguaiate (in un pezzo solo, per fortuna).
“Live in Japan” è un disco fatto di canzoni inedite, che il pubblico non aveva mai sentito prima, registrate nel corso di tre concerti tenuti in Giappone l’anno scorso. Inevitabilmente mi viene in mente il meraviglioso “Rust never sleeps” di Neil Young, uno dei rari dischi dal vivo che adoro (l’eccezione che conferma la regola…). E l’ombra di Young attraversa anche di tanto in tanto le canzoni del disco (la prima, in particolare), oltre a essere richiamata nel titolo di un pezzo, “After N.Young”.
Apre il disco “Great ghosts”, una deliziosa ballata intrisa di un “blue mood” che s’insinua nella melodia aggrappata alla sola chitarra acustica. “The Blow pt.2” e “We Squim”, con la stessa strumentazione-minima, racchiudono una straordinaria intensità drammatica in due minuti appena (o addirittura meno, nel caso della seconda). In “Universe Conclusion”e “I love you so much” ritroviamo quei lisergici crescendo folk-noise, quell’anima blues acida, intrisa di surrealismo e spiritualità, che vibrava nel recente, ottimo, “Mount Eerie”. “My favourite things” e “Silent Night” (si, proprio quella di Natale…), invece, sono poco più di cazzeggio libero. Dieci canzoni, neanche quaranta minuti, senza fronzoli né effetti speciali. Momenti da ricordare ce ne sono, ma probabilmente, nel complesso, si tratta di un’uscita da consigliare solo (o quasi) ai fan, o comunque non ai neofiti.
Autore: Daniele Lama