Tornano a publicare i Clap Your Hands and Say Yeah del brillante ed eclettico Alec Ounsworth. Nel 2005 il loro primo album fu un caso discografico, autoprodotto su etichetta CYHSY/Secretely Distribution, che fece innamorare di un nuovo sound migliaia di fan in tutto il mondo, ricevendo anche il titolo di “Best New Music” dal sito indipendente Pitchfork. Dopo la prima recensione il gruppo é costretto a ristampare l’album e ad ottobre dello stesso anno firmano con l’etichetta inglese “Wichita Recordings” per la distribuzione del disco in Europa.
A 15 anni di distanza dal loro omonimo album i CYHSY tornano con un nuovo lavoro. Per New Fragility Alec si è ispirato al racconto “Per sempre lassù” di David Foster Wallace ed è stato prodotto dal musicista stesso, Will Johnson (noto per i suoi lavori con Jason Molina e Conor Oberst dei Bright Eyes) e Britton Beisenherz, a Austin in Texas.
Dalla prima traccia siamo catapultati nel mondo di questa band originale, emozionante, eclettica, stupefacente a tratti, da ogni melodia, che inizia con suoni semplici, ma sognati e ipnotizzanti. Ci sentiamo seduti al finestrino di un autobus che corre nella vastità della pianura americana, perché di questo parla e ci racconta questa band: della loro terra. All’improvviso entra qualcosa nel campo visivo, o acustico in questo caso: una luce, un violino, un’armonica… invadente e coinvolgente.
Il suono non è quasi mai pulito, non c’è un’unica categoria in cui potrebbero essere destinati. Indie rock, new wave condito di country…un mix irresistibile e inarrestabile che ami oppure odi già al primo ascolto.
Dopo l’accoglienza un po’ sgraziata e anticonformista di Hesitating Nation, ci viene sbattuta in faccia Thousand Oaks, presumibilmente a ricordare la Thousand Oaks shooting, la strage avventura nel 2018 nella cittadina Americana ritenuta fino a quel giorno “uno dei migliori posti in cui vivere”: “Nobody’s gonna to fix her now But it’s a world full of trouble An American massacre In Southern California”.
Troviamo tra le ultime tracce un brano dal titolo autocelabrativo del loro primo album, CYHSY, 2005, nonché del nome della band, che é un inno alla gioia, alla vita, ad innamorarci: “In a Parking lot in Maine Was where you said you’d never change Where I fell in love with you And now I cannot move”, ad entusiasmarci per le piccole cose “Cheap Italian wine Cheaper life of petty crime, I see your point of view But all I really wanted to do was stay home”.
L’album si chiude con il brano If I Were More Like Jesus e solo a questo punto Alec ci apre la porta e ci fa entrare in casa sua. La melodia inizia con una bella “tirata su” di naso, come se fosse stato colto di sorpresa, poi si accomoda al piano nel suo salotto e ci suona un riff semplice, ma coinvolgente, accompagnata dalla voce di chi si è appena svegliato, o forse non ha mai cantato in vita sua e lo fa sotto insistenza del suo ospite
E per quanto ad ogni stonatura di voce tu ti chieda perché rimani ad ascoltare, ti rendi conto di avere una dipendenza da questi acuti strozzati, da questo arrangiamento ambizioso, intimo, brutalmente coinvolgente fino alle ossa. Tanto che ad ogni pausa tra le tracce li omaggi con un YEAH, come loro intimano a fare.
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autrice: Elisa Schiumarini