La rivoluzione non è un pranzo di gala ed è per sua natura epica come la musica dei GY!BE. Il gruppo canadese, che non solo in vent’anni non ha sbagliato un colpo, anche con i side-project, continua a portare avanti il messaggio del post rock dimostrando, tra i pochissimi al mondo, che il rock può avere ancora delle evoluzioni e di essere in grado di dire qualcosa di innovativo. La loro musica ha fondamentale un’aspetto emotivo ovvero la capacità di riempire il cuore dell’ascoltatore. “Luciferian towers” è un disco mastodontico e non solo per la lunghezza dei suoi brani ma per l’intensità e per come sono stati pensati, costruiti ed elaborati. La rivoluzione dell’incipit è ciò a cui si aspirano poiché è un attacco frontale al potere mondiale della finanza e alle sue torre luciferine, intese come simboli da abbattere.
In “Undoing a luciferian towers”, con l’incedere evocativo e dal sound orchestrale e imponente, ha momenti dilatati ed altri più diretti durante i quali la band ci aiuta a sublimare la rabbia, verso chi ci sta impoverendo, con un atto profondamente catartico. La sublimazione non è sufficiente se si immagina la vendetta fisica e uno dei modi potrebbe essere quello di impiccare i colpevoli, per cui con “Bosses hang”, in quasi un quarto d’ora, si racchiude tutto il momento topico della vendetta e dell’impiccagione dei capi con un suono di chitarra, un’arma nobile che qui è particolarmente tagliente e diretta, sostenuto da vibrazioni e circolarità lente.
Con “Fam/Famine”, oltre ad omaggiare la New York dei Velvet Underground, il gruppo canadese descrive il destino che spetta a chi non si vuole adeguare al volere delle torre luciferine, per cui la tensione dettata dagli archi, che si intrecciano con le chitarre, suscita ansia e preoccupazione per chi subisce carestie, violenze e guerre.
Dopo l’abbattimento delle torri luciferine i GY!BE vanno in controtendenza alla distopia e ci lasciano con “Anthem for no state”, emotivamente con un speranza. Il sound di questo brano è il più epico del disco con la quadratura del cerchio del post-rock nel quale convivono riferimenti della musica di Ennio Morricone, la lentezza riflessiva del desert rock ed altri suoni travolgenti e vibranti. Questo sesto album è un disco completo, innovativo e che fa sperare per il futuro sia dell’umanità che del rock!
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autore: Vittorio Lannutti