Gli Elettronoir sono un trio italiano formatosi nel 2005 dall’incontro tra Georgia Lee (voce), Marco Pantosti (voce, pianoforte) e Maurizio Sarnicola (basso e campionamenti). Nell’arco di questi 12 anni hanno pubblicato cinque dischi e suonato davanti a 30.000 persone aprendo l’Heineken Jamming Festival per i Depeche Mode. Non male.
Suzu, il loro ultimo album, è composto da otto tracce ed è un vero pugno allo stomaco perché affronta temi toccanti (la guerra e la violenza) in modo intelligente e mai banale, accompagnando i testi con un pop elegante e sofisticato composto da una base classica formata da piano e chitarra e da una sovrastruttura di intarsi elettronici molto moderni.
Questa impalcatura colta, aristocratica, direi quasi sinfonica, ricorda i Baustelle; anche l’alternanza delle voci maschile e femminile (didascalica la prima, più frizzante e sbarazzina la seconda) rafforzano la vicinanza con il trio Bastreghi/Bianconi/Brasini. Oltre ad un cantato melodico ed efficace, le otto tracce contengono bellissime parti strumentali prive comunque di assoli; queste lunghe costruzioni sonore consentono all’ascoltatore di immergersi nella scenografia e sentirsi parte integrante del racconto.
I brani sono tutti di altissimo livello ma spiccano Postal Market con il basso new wave che ricorda i Diaframma, Guernica con suoni elettronici che rievocano i rumori dei bombardamenti e la splendida La seduzione di Eva la cui voce cantilenante risulta molto malinconica.
Il booklet denota una forte attenzione al dettaglio: al suo interno, ogni canzone è accompagnata da una fotografia che ne riassume i concetti e soprattutto l’umore e da un breve testo, spesso una citazione (una dell’astronoma Margherita Hack, una del compositore Erik Satie). Anche la copertina è di forte impatto emotivo: è un collage di due fotografie che ritraggono soggetti lontanissimi nel tempo ma vicinissimi nella sofferenza: la famosa pietà di Michelangelo in cui una mamma regge il figlio morente (in questo caso di origine divina) e la fotografia attualissima di un papà che regge il figlio colpito dalla guerra; le due immagini sovrapposte sembrano fondersi in un unico umanissimo dolore. Davvero toccante.
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autore: Claudio Prandin