Musica, rivoluzione e democrazia, Berlusconi, Obama e Bush, Monicelli e la speranza, psicopatologie e radical chic: la “Ri(e)voluzione di Mezzanotte” degli …A Toys Orchestra raccontata da Enzo Moretto (nella foto).
Partiamo dalla copertina: “Democrazia, democrazia, democrazia…”. Democrazia incollata sul volto della ragazza che troneggia in bianco e nero sulla cover di “Midnight (R)evolution”: cos’è la democrazia oggi? Esiste effettivamente o è solo una sorta di specchietto per le allodole a distogliere l’attenzione delle persone da quello che di fatto è un sistema bipolare in cui le due facce della medaglia si equivalgono?
Oggi quello di “democrazia” rimane un concetto molto fumoso e confusionario, conteso nei contesti più disparati e diversi tra loro. Il problema è che se ognuno vuole imporre la propria interpretazione di pensiero democratico al proprio prossimo non fa che snaturarne l’essenza.
Come si concilia il concetto di democrazia con quello di rivoluzione?
Quando una democrazia è danneggiata e compromessa talvolta uno degli strumenti per ripararla è la rivoluzione, in quanto questa è sempre ad opera del popolo.
Cos’è per te la rivoluzione? Il testo della title track mi sembra alquanto ironico e sarcastico.
La rivoluzione è a mio parere il mezzo per mettere in pratica le pulsioni evolutive. È il tono di voce che ha la libertà quando questa viene calpestata. Qualcosa che trova i natali nelle sfere più intime della nostra coscienza e che diventa fenomeno di massa quando è accomunato da sentimenti empatici. La rivoluzione non è quindi riconducibile esclusivamente ad eventi socio-politici, ma anche a qualcosa di molto più personale, alla tendenza a migliorarsi, a progredire, al propendere ad essere propositivi laddove questo input manchi. Il testo della title track è sarcastico fino ad un certo punto. Gioco parecchio sulla doppia lettura: c’è una marcata, talvolta forzata, ingenuità. Ma è un escamotage propenso a rafforzarne il sentimento piuttosto che ad indebolirlo.
Anche Giorgio Canali è uscito con un album, “Rojo”, sulla rivoluzione. Secondo te si sta muovendo qualcosa o quella vostra, di Giorgio Canali e altri artisti, sono solo voci fuori dal coro destinate a rimanere tali?
Qualcosa si sta muovendo… forse.
Quali sono i punti in comune e le distanze fra quella che è la rivoluzione cantata da Giorgo Canali e quella degli …A Toys Orchestra?
Non ho ancora avuto modo di ascoltare per bene il lavoro di Giorgio per tracciarne differenze o similitudini. A maggior ragione ora ne sono incuriosito.
Quella di cui cantate non è solo una rivoluzione ma una ri-evoluzione: credi che ci sarà mai modo di vedere una rivoluzione che porti ad un distacco totale con il passato, e che quindi porti a una nuova evoluzione?
Non è per forza attraverso la demistificazione del passato che si scardinano le porte del futuro. Anzi, la storia può fungere da monito. L’importante è non creare il revival. Non ci sarà mai una storia uguale all’altra. Il copia e incolla è vezzo di anacronismi di nostalgici di natura reazionaria, e non porta certo verso un’ evoluzione.
Sei stato un forte sostenitore della campagna di Obama (naturalmente da semplice spettatore): ti sta piacendo il suo operato o credi che anche lui faccia parte del “gioco”, con le sue continue non prese di posizione che accontentano un po’ tutti ma che di fatto non mi sembra stiamo portando ad un effettivo cambiamento?
Più che altro sono stato un forte detrattore di Bush. Gli Stati Uniti hanno avuto un cowboy con il quoziente intellettivo di gran lunga inferiore ad un qualunque manzo da pascolo del Texas. Obama è invece chiaramente un uomo brillante e intelligente, ma inevitabilmente più volte si è rivelato deludente e schiavo di un sistema di “untouchables” fatto di lobbies e di poteri oscuri. Ma era vitale sbarazzarsi dell’ameba alcolica e analfabeta dei Bush. Innegabile poi che il solo pensiero di un presidente di colore era qualcosa di veramente affascinante e rivoluzionario per il paese del “White Power”. La riforma sanitaria ad opera di Obama ad esempio non ha precedenti nella storia americana, tant’è che ancora oggi è il peccato che una parte del paese vuole fargli espiare. Ma nella gestione dei conflitti internazionali la sua aureola da imbonitore pacifista ha lasciato più volte il posto ad un ingombrante Stetson sulla sua testa. Ma si sa… la guerra è una priorità tutta a stelle e strisce.
Parliamo di musica: una cosa che ho notato nei vostri album, in particolare da “Technicolor Dreams” in poi, è che hanno una sorta di struttura comune nella suddivisione dei brani. In particolare ritroviamo sempre un brano più rarefatto dalle atmosfere da bistrot francese (“Mrs Macabrette”, “Celentano”, “Noir Dance”) e uno più duro con l’apertura melodica ormai tipica del vostro stile nel ritornello (“Cornice Dance”, “Mystical Mistake”, “Pinocchio”), oltre al solito altalenare fra brani più intimi suonati con gli strumenti “classici” e l’elettronica: scelte ponderate o capita per caso?
Il più delle volte è casule. Forse è semplicemente una parte della nostra cifra stilistica.
In “Midnight (R)evolution” avete in parte abbandonato la sperimentazione tout court che ha contraddistinto i vostri lavori precedenti (“Panic Attack #1”, “Technicolor Dream”, “Plastic Romance”) a favore di un album più diretto ed istintivo: avete mai pensato di fare invece un album totalmente sperimentale, anche magari a discapito della melodia, un po’ come fatto dai Radiohead in passato, che sono tra l’altro una delle band con cui a mio avviso più condividete elementi musicali?
La sperimentazione è un fattore fondamentale nella composizione, è indice di ricerca e di entusiasmo e schiva la stasi. Ma per come la intendo io la musica è quanto di più lontano dall’esercizio stilistico. Il suono non è uno status symbol da sfoggiare, ma un mezzo per veicolare attraverso le suggestioni alchemiche questo favoloso strumento di comunicazione che è la canzone.
Dopo la citazione di Monicelli sulla tua Telecaster torni a citarlo con un “branca branca leon leon” in “Midnight (R)evolution”: volevo chiederti cose significa per te “La speranza è una trappola”.
“Sperare” vuol dire riporre le aspettative nel fato e nella buona sorte, o comunque in terzi: in ogni caso aspettare, seduti sugli allori, che qualcosa come per magia o per opera altrui accada. Vuol dire sgravarsi dal compito di essere artefici del proprio destino, della propria vita… vuol dire lavarsi le mani dal decidere di sé stessi. Il Maestro Monicelli asseriva che la speranza è qualcosa inventata dai potenti per tenerci buoni e addomesticati al loro servizio… Era un grande! Il proverbio vuole che sia l’ultima a morire: io credo però che alle volte di speranza ci si muoia.
Chi sono i radical chic?
Beh… potrei dire che questo paese è infestato dai radical chic. Sono quelli che perpetrano il loro essere sempre “contro” fine a sé stesso, che hanno da dire su tutto e tutti perseverando nello snobismo intellettualoide, rei di un antagonismo per lo più fittizio e di maniera. Hanno la pretesa di insegnare sempre agli altri, anche quando non conoscono quel che dicono e soprattutto non “fanno”. Per lo più non si giocano mai il culo preferendo starsene comodi a fare da spettatori piuttosto che da protagonisti. Li trovi in ogni dove: politica, cultura, musica…
Chi è invece il “Pinocchio” che vuole un corpo sexy e vuole fare festa e sesso?
Lo sappiamo tutti chi è… Ma la canzone è rivolta più all’atteggiamento, quel tipo di cultura indottrinata su larga scala, che al suo maggior fautore.
Non credi che la demonizzazione di Berlusconi serva solo a fomentare le persone in modo da creare ancora più divisione nella popolazione deviando in questo modo l’attenzione dalle problematiche reali? Ma, soprattutto, non credi che la sinistra o sedicente tale avalli questo tipo di logiche di distrazione di massa? È quindi Berlusconi il problema o è il sistema il problema?
Demonizzare Berlusconi è sempre e incondizionatamente giusto.
Su “Rita Lin Songs”, EP che ha preceduto di qualche mese l’uscita di “Midnight (R)evolution”, abbiamo assistito alla vostra prima “sperimentazione” con la lingua italiana su “Celentano”, tradotta da Appino dei The Zen Circus. “Midnight (R)evolution” è di nuovo un album cantato interamente in inglese: “Celentano” è stato un episodio isolato o avete idea che nel futuro tornerete ad usare l’italiano per i vostri testi? Decisamente un episodio isolato, fatto con lo spirito di un giocoso esperimento. Non a caso trova vita in un EP molto particolare, fatto di riletture di canzoni già edite, cover e quant’altro. Al momento non sentiamo alcun bisogno né stimolo nel dover cambiare idioma, e di certo non accadrà mai per ripiego o per compromesso… Poi chissà?
In un’intervista hai dichiarato di essere ossessivo-compulsivo e sei comunque da sempre affascinato dagli stati considerati psicopatologici. In particolare in “Cuckoo Boohoo” parli di attacchi di panico, sindromi di Peter Pan, di borderline. Anche la stessa “Loco-Motive” nasconde uno spagnoleggiante “loco” nel nome. Ho sempre pensato che “Cuckoo Boohoo” avrebbe potuto tranquillamente essere un concept album con le psicopatologie a fare da trait d’union. Era questa l’idea iniziale che poi non è stata sviluppata in toto o è successo “per caso”?
ahahahah… hai ragione! Quel disco è una sorta di cartella clinica di un centro d’igiene mentale. Più che altro trovo sia affascinante il lato oscuro dell’essere umano, sia esso quello interiore, nascosto, fatto di turbe e fragilità, ma anche quello più esteriorizzato, come la rabbia, il disagio e la ricerca del cambiamento. Semplicemente non riesco a subire il fascino laddove tutto va bene, forse anche per una certa appartenenza di categoria o quantomeno per affinità. È una cosa che mi porto dietro fin da piccolo… Fin dai tempi della scuola ho sempre solidarizzato con gli “outsider” piuttosto che con i primi della classe. Nella disperazione, nell’imperfezione, c’è una vita pulsante… se penso ai ricconi e alle loro vite perfette il mio elettroencefalogramma diventa piatto.
“You can’t stop me now”: chi non può fermarti adesso?
Se davvero lo si vuole… nessuno può fermarci.
Autore: Giuseppe Galato
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