Aprono la serata i rumorosi Altro, trio pesarese con due cd e qualche singolo all’attivo su Love Boat. Poi i due V9R9D, che altri non sono se non basso e batteria dei Party of One. Il loro sound, visti gli strumenti impiegati, potrebbe essere una visione sperimentale di funk per il nuovo millennio. I Party Of One stasera sono in quattro, e in questo Init vuoto il palco assurge a simbolo di fierezza dei musicisti (e dei pochi noi presenti) nel percorrere le strade dell’indipendenza in tutti i sensi: dai clichè imperanti, al punto da sembrare quasi inglesi più che americani, e non solo per l’esteriorità di Eric Fifteen alle etichette che vincolano, talvolta obbligando talaltra condizionando le scelte dei musicisti (e loro stanno infatti sulla lungimirante e britannica Fat Cat). Rivalutata oggi un’estetica musicale post-punk ci si ritrova con tanti gruppi che escono con un disco il cui suono ‘sporco’ è costruito accuratamente in studio nei minimi dettagli, risultando per questo poco spontanei e immediati. Questa, banalmente, la trama dell’inganno ’alternative’. Party Of One sembrano, in apparenza, incoscienti o disinteressati a questo processo. Come se dietro non ci fosse una scuola, o meglio, uno di quei casi in cui gli allievi per brillantezza riescono ad affiancare i (cattivissimi) maestri. Una sana indole post-punk genetica in loro. Suoni scarni e poveri, sinceramente lo-fi e testi perniciosi permeati di ironia e crudezza legate alla nostra sconcertante attualità. Il clima freddo della loro Minneapolis deve accendere molto la creatività artistica se si pensa agli illustri nomi cui questa città ha dato i natali: Husker Du, Replacements, Cows..può bastare, anzi, forse troppo nella storia dell’indie rock americano. Se allora fu l’hardcore e la melodia (Mould e Hart), il punk e certo cantautorato (Westerberg), e in tempi non sospetti, oggi più disincantati riconosciamo Party Of One come scheggia che distaccata da un corpo (rock) ritrova una sua propria integrità.
Autore: A.Giulio Magliulo