Se hai superato i 45 anni e ascolti i tuoi gruppi preferiti da venti, venticinque, trent’anni non è sempre facile avere un’idea distaccata, quando si tratta di dover redigere una recensione. Scusate la digressione personale, ma senza troppi fronzoli, volevo mostravi la mia difficoltà nel recensire l’ultimo lavoro del trio californiano. Tornati alla formazione originale, grazie al rientro del batterista Tim Alexander, sembra che i Primus abbiano preso gusto a musicare favole. Come tre anni fa hanno fatto con “Choclate factory”, questa è la volta della favola “I coboldi dell’arcobaleno”, scritta nel 1977 dall’udinese Ul De Rico, che Les Claypool ha scoperto leggendola la sera ai suoi figli più piccoli. La difficoltà consiste nel fatto che se da un lato i Primus riesumano alcuni riff e sonorità del glorioso passato dall’altro li fondono con lo stile da un lato dei Residents e dall’altro dei King Crimson di “Discipline”, spaziando, o se preferite deragliando, in stentati e indecifrabili momenti psichedelici e ridondanti, penso soprattutto agli andirivieni lisergici di “The dream”. Se parte bene con il blues tribale in salsa tomwaitsiana di “The valley”, il disco procede con i vecchi riff, ma compressi, del trio, di “The seven”, nella quale Claypool canta con il solito stile nasale, ma nel quale si ha difficoltà a comprendere la direzione del brano, per non parlare della melassa diabetica che caratterizza l’incostante e compulsiva “The trek”. Fortuna che con “The scheme” sono presenti i gloriosi singulti psico-funk. Insomma un disco consigliabile solo ai fan più accaniti e radicali.
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autore: Vittorio Lannutti