Cosa c’entri la banda folkloristica con i suoni vintage, l’exotica ed il medioevo o le danze baltiche con la slide guitar possono comprenderlo immediatamente i cultori di due artisti quali Moondog e Robert Wyatt, spesso giudicati naïf ma capaci di tracciare una linea netta tra ciò che è kitsch e ciò che è geniale.
E gli Hobocombo si ispirano dichiaratamente a Moondog e di Louis Thomas Hardin, il vero nome del ‘vichingo cieco della 6th Avenue’, cercano di preservare lo spirito ‘off’ ed avventuroso che lo ha portato ad essere definito uno dei grandi outsiders nella musica del novecento.
Cinque brani in questa tracklist sono infatti suoi.
Uno invece, East Timor, è del già citato leader dei Soft Machine e le magie inenarrabili della musica di Wyatt sono qui riproposte con moderno piglio popgaze dalle nuancés asiatico-mediterranee e con strumenti che nella nostra immaginazione potrebbero essere sagomati nelle forme della Thun.
E dai deserti suonati come poteva farlo un compositore italiano di ‘mondo movies’ soundtracks tardo anni sessanta al jazz che dissimula e che preferisce nascondersi dietro paraventi di colori e libertà anziché ingessarsi in formalismi da camera è un attimo; si intravede perfino l’Africa raccontata con ritmi urbani da downtown come piacerebbero a gente come Marc Ribot o Woody Jackson.
Se nella musica non cercate l’ovvio e vi piace sperimentare sapori e mondi lontani, possibili o impossibili, lasciatevi andare a questo flusso magnetico che i tre ex membri di Urania, RosolinaMar e Mariposa sono in grado di generare.
autore: A.Giulio Magliulo