Appena premuto play, viene da pensare: è Carmen Consoli! Basta qualche secondo e la voce di Giuseppe Peveri ci porta di nuovo alla realtà.
Inizia sottovoce, come nella stragrande maggioranza delle volte che si ha a che fare con l’artista di Fidenza, che ci aveva lasciati a bocca asciutta dai tempi di L’amore non è bello, quasi due anni fa. Ed inizia bene, chitarra e voce, un occhio di riguardo in più agli arrangiamenti, rispetto agli altri album. Due volte niente, open track di Io tra di noi, è un ottimo biglietto da visita, anche se, complessivamente, l’album è in continua ouverture, ogni brano sembra introdurre quello successivo, in un continuo rincorrersi, nella ricerca e nell’attesa (quasi sempre ricompensata) del momento clou. E che sarà “più che il destino, è stata l’ADSL che vi ha unito” oppure ”io sono il lungo inverno, tu la bella estate, siamo rette parallele” ad imprimersi a fondo nella memoria, poco importa.
Importa invece che per la quarta volta, Dente mette a segno un album realizzato alla perfezione, un’attenzione spropositata ai testi, mai banali, ricchi di virtuosismi lessicali, stravolgimenti e paradossi linguistici, setose atmosfere oniriche che occupano lo spazio di paesaggi dipinti piacevolmente nonostante le tinte utilizzate siano perlopiù fosche.
Facile (e riduttivo) trovarci molto Lucio Battisti, ma impossibile non rendersi contro che la componente principale, trainante e fondamentale di Giuseppe, in un disco che più che un concept album è un album di concetti, sviluppati egregiamente dalla voce sussurrata e dai timidi arpeggi dell’artista emiliano, sia il motivo di fondo che porta all’ennesima conferma dell’esistenza di un nuovo cantautorato che utilizza grammatiche, codici e lessico differenti da quelli tradizionalmente assorbiti, ma non per questo altrettanto validi. Chapeau!
Autore: A. Alfredo Capuano