Che il viaggiare allarga gli orizzonti e le panoramiche mentali è fatto notorio ma, che potesse far re-settare la concettualità compositiva di un artista, lo apprendo dalla bella release “è” della cantautrice sestese Talea (Cecilia Quaranta), edita dall’alacre label V-rec e prodotta da Marco Olivotto (già al lavoro con Giulio Casale). Folgorata dai paesaggi di Irlanda e Scozia, innesta cinque brani in inglese che risentono degli echi delle grandi singers: dalla Mitchell alla Morissette ma con l’ardore d’improntare solchi d’indubbia personalità.
Credetemi, ci riuscirà presto. Intanto, il penta-e.p. non si limita solo ad esalare odori di classic folk-ballads, ma la Nostra (per nulla intimorita) ostenta un pizzico d’ardimento per sperimentare qualcos’altro, come la conclusiva “Dancing mind“, incorporata in litania ferale e disarmante. Ma, prima del traguardo, troviamo quattro tappe ben congegnate, nelle quali Talea da’
prova di una tecnica vocale accurata e stilosa, frutto degli ingordi ascolti con i quali si è formata e forgiata con lesta maturità. Puoi passare dalla fascinosa “Burden” all’Irish-ballad “Riding home” o tuffarti nelle placide note di “Nathan” che il risultato non cambia: l’adesività all’ascolto è certificata da una voce suadente, dolce, a tratti sulfurea e mesmerizzante che, potenzialmente, può estendere l’hype anche in suolo estero. Non me ne vogliate se, talvolta, sono fatto al contrario, ma (quando merita) lascio per ultimo il brano portante per evidenziarlo maggiormente: in questo caso, all’iniziale “Song in the dark” spetta l’onore di aprire l’opera e qui sì che ci si nutre pienamente di una classic storyteller d’alto rango, senza rischiare l’opulenza
ammirativa verso una voce connazionale che ha appena scaldato il motore progettuale solista, per sfrecciare (quanto prima) sulle lande dell’ampio consenso. Talea: orgoglio italiano.
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autore: Max Casali