La collaborazione tra la Urtovox e la napoletana Awful Bliss ha portato alla creazione della compilation “Songs for another place” che, come ogni compilation, nasce con l’idea di mettere assieme il meglio di un panorama, in questo caso si prende in considerazione quello indie rock. E data la vastità di materiale, le case discografiche si sono divise il compito.
Alla Urtovox quello di mettere assieme il meglio dei gruppi italiani, alla Awful Bliss, invece, è toccato il Nord America. Quello che ne è uscito fuori, oltre a essere due cd della durata di circa 74 minuti ciascuno (sì, perchè questo è un doppio), è un’ampia visuale su questo mondo. Se l’intento, però, è quello di “considerare la musica come un qualcosa che non sia necessariamente americana, inglese, italiana o giapponese ma che sia invece patrimonio dell’umanità senza legami strettamente territoriali”, come ci dice il comunicato stampa, ci sono riusciti a metà. Intendiamoci, in questi due cd c’è dell’ottima musica, ma i gruppi, come detto, sono solo italiani e nord americani ed è un campione troppo ristretto per confermare la volontà di abbattere le barriere.
Ma veniamo ai nomi. Il cd nero (quello italiano) è una sorta di best of, che affianca a nomi più conosciuti (Songs for Ulan, Giardini di Mirò, Midwest, Franklin Delano, A Toys Orchestra, Blessed Child Opera, Cesare Basile, Psycho Sun) nomi che si stanno affacciando (Prague, Gea, Edwood), molti scuderia Urtovox, ovviamente, riunendo le diverse correnti interne a quello che cataloghiamo come indie rock, spaziando infatti dal rock più puro al country rock, ad esempio. Un panorama che dà segnali importanti. Forse il rock italiano non è morto. Staremo a vedere. In ogni caso, nel frattempo, sembra risvegliarsi.
Quello che subito salta alle orecchie è, però, che tutte le canzoni sono in inglese. Ma davvero non ci sono in giro buone canzoni in italiano?
Il cd rosso (quello dei nordamericani) è caratterizzato da post rock, e da atmosfere rarefatte, alt-country e schitarrate del sud. Niente chitarre pesanti o canzoni urlate, è la melodia a farla da padrona. Qui c’è la possibilità di scoprire artisti mai sentiti, o poco conosciuti, c’è la possibilità di sentire inediti che non sono scarti, e versioni rivisitate, c’è un panorama vastissimo di artisti troppo spesso relegati ingiustamente in bolle di ascolto minime, pubblicizzate in qualche fanzine a tiratura limitatissima, quando va bene, e soprattutto all’attenzione soprattutto degli osservatori d’oltreoceano. Un peccato, perché gente come Faris Nourallah, i Great Lake Swimmers (fantastica e struggente la loro “Songs for the angels), piuttosto che i Lazarus o i Barzin, i Tracker e via dicendo, meriterebbero altre platee. Chi più, chi meno conosciuto comunque, ma il nome non conta, è la musica a parlare e qui parla una lingua (e questo vale per entrambi i cd), semplice e non banale.
Diciamocelo chiaramente, 28 artisti, un alto livello musicale e, come detto, 148 minuti (un paio d’ore e mezza, più o meno) è una cosa da pazzi. Meno male che qualche pazzo ancora è rimasto.
Autore: Francesco Raiola