La 26enne musicista di Fremantle, Australia, debutta per Secretly Canadian con un disco sicuramente frizzante, pieno di energia di chi è all’esordio e vuole sfidare il mondo, ma con poche caratteristiche che la faranno ricordare o meglio differenziare da tante altre song writer in circolazione.
Benché entusiasta del suo primo lavoro, e anche convinta del suo talento, tanto da dire che “quest’album mi ha fatto sentire come se fossi nel sedile di dietro di un auto. E’ veramente liberatorio e mi permette di realizzare che nessuno può giocarci sopra tranne me”, Stella Donnelly non si contraddistingue né per originalità di toni vocali (la sua è una voce acuta nella media, un po’ troppo acerba ancora, senza particolari scale o timbri per essere immediatamente riconosciuta), né per originalità di produzione propriamente musicale. Il suo è un contry-folk-pop tutto suonato con chitarra elettrica arpeggiata, per cui in effetti si ha, lungo le 13 tracce del disco, la sensazione che Stella debba ancora scegliere davvero il genere col quale vuol misurarsi, o comunque attraverso il quale riuscire ad esplodere.
Non mancano, certo, pezzi gustosi, vivaci e allegri di ritmo, che esprimono la gioia di vivere e l’entusiasmo di questo disco, come ‘Old Man’, il primo singolo, feroce benché satirica tirata contro gli uomini che abusano del loro potere con le donne, o ‘Die’, allegra cantata sulla voglia di vivere, o ‘Season’s Greetings’, o ancora ‘Tricks’, forse la canzone più curata del disco, ma ‘Mosquito, Boys will Be Boys’ e la title-track ‘Beware of the Dogs’, e molti altri fra i troppo veloci pezzi che si avvicendano in un disco di 45 minuti nonostante le 13 tracce, sono però ballate arpeggiate quasi a mo’ di favoletta o ninna-nanna cantata ai bimbi per la buonanotte (vedi per esempio ‘Face it o Allergies’).
Non c’è momento veramente malinconico o drammatico o teso, e tutto il disco procede in un po’ troppo monotono ripetersi di atmosfere simili, di pura medietà emotiva, senza picchi, con un medesimo modo di cantare che ricorda da lontano per alcune assonanze Edie Brickell.
Ascoltate attentamente una per una, le tracce rivelano non poche grazie, nella voce e nella composizione: ma nel suo complesso alla fine si fa fatica a ricordare il disco per una canzone in particolare che abbia significativamente colpito la memoria, o che abbia catturato l’attenzione per un esplodere di ritmo o di chitarra, o per aver causato una tormenta emotiva nell’ascoltatore. Vale assolutamente la pena concedere alla giovanissima Donnelly il beneficio della seconda prova, dove i suoi talenti, se trovano la giusta strada, potranno ancora meglio affermarsi.
autore: Francesco Postiglione