Confesso la mia affezione per questi quattro londinesi, peraltro niente affatto scontata, visto che, poco più di un anno fa, quando mi imbattei per caso nel loro primo singolo, li bollai frettolosamente come una copia sbiadita dei Bauhaus.
Poi arrivò ‘Banquet’ e nulla fu più come prima. Quel singolo, che resta uno dei pezzi più entusiasmanti pubblicati negli ultimi mesi, ha segnato lo scarto fra i Bloc Party e tutto il resto della ciurma di new-new wavers. Da quel momento la progressione è stata costante e nei mesi successivi i quattro hanno definito un suono personalissimo, al tempo stesso duro e romantico, fatto di ritmiche spezzate e di grandi fughe melodiche. Uno stile che ha raggiunto la perfezione formale nella epica ‘Helicopter’, costruita su un rincorrersi continuo di basso e chitarre.
Così adesso, proprio come era successo un anno fa ai Franz Ferdinand, i Bloc Party hanno tutti gli occhi puntati addosso ed esattamente come i Franz Ferdinand non sbagliano il colpo. Ma c’è di più. Laddove la compagine di Glasgow si limitava a rimaneggiare la lezione di Talking Heads e Gang Of Four, i Bloc Party danno vita ad un’opera originale che prende le mosse da Joy Division e Cure per farsi altro. Alla base c’è una sezione ritmica al fulmicotone che abbiamo avuto già modo di ammirare dal vivo nella loro data di supporto agli Interpol. In quell’occasione apparve chiaro come a fare la differenza fosse lo straordinario batterista Matt Tong, che dal vivo come su disco è capace di prendere per mano la band e condurla in progressioni ritmiche che costituiscono una delle loro principali cifre stilistiche.
E’ facile prevedere per ‘Silent Alarm’, un futuro radioso. Basta ascoltare l’apertura di ‘Like Eating Glass’, divisa in ugual misura fra velleità art-rock e abbaglianti slanci melodici. Da quel punto in poi la strada è tutta in discesa. L’album si snoda fra umori chiaroscuri e ritornelli catchy, capaci di rendere ogni brano memorabile. Naturalmente sono i tre precedenti singoli a farla da padrone (anche se, a sorpresa, manca la bellissima ‘Little Thoughts’) ma non mancano gustose sorprese, come l’emozionante crescendo di ‘This Modern Love’ o il lirismo psichedelico della conclusiva ‘Compliments’.
E’ un’opera importante ‘Silent Alarm’ che in un colpo solo riscatta una generazione di band che, se da una parte ha riportato in auge un pop più cerebrale, dall’altra non ha saputo emanciparsi dai modelli del passato. In questo senso i Bloc Party hanno posto la pietra angolare con cui, chiunque d’ora in poi vorrà fare questo genere di musica, dovrà necessariamente confrontarsi.
Autore: Diego Ballani